di Ylenia Cecchetti
Se il capitolo di questa lunga storia avesse un titolo sarebbe "Rinascere da educatore". E’ un nuovo inizio quello che sta vivendo Matteo Gorelli, il giovane che nel 2011, di ritorno da un rave party, aggredì due carabinieri nel corso di un controllo a Sorano, in provincia di Grosseto. Uno dei militari perse un occhio, l’altro andò in coma e morì un anno dopo. Il prossimo 25 aprile saranno passati 10 anni. Altri 10 anni dovranno passare prima che Matteo sconti la sua pena. Oggi il giovane cerretese ha 29 anni ed è diventato educatore per ragazzi difficili nella comunità Kayròs, guidata da don Claudio Burgio, a Vimodrone in provincia di Milano. Segue giovani in difficoltà segnalati dal Tribunale per i Minorenni. "Parla con i ragazzi, fa gioco di squadra con gli altri educatori. Ha scelto di diventare educatore con coscienza, nell’ottica di aiutare le persone che in qualche modo hanno smarrito la strada". Sono parole di orgoglio quelle della mamma, Irene Sisi, che proprio pochi giorni fa ha raggiunto il figlio per seguirlo nella nascita di un nuovo progetto. "Giovedì è stata ufficializzata la costituzione della cooperativa Atacama – racconta la Sisi – Un progetto di reinserimento sociale nato per contrastare il disagio giovanile. Un’iniziativa che vedrà Matteo ed altri ragazzi occuparsi di laboratori di musica e di poesia".
Quel 25 aprile di 10 anni fa è iniziato un percorso che è tutt’ora in evoluzione. "La scelta di Matteo di dedicarsi agli altri – spiega ancora Irene Sisi – nasce dal reato, dalla volontà di rinsaldare il patto con la società a cui ogni persona che commette un crimine viene meno. E’ un riscatto personale. Matteo è cambiato in questi anni, è maturato, è una persona ancora in cammino, però sta cercando di tener fede alle promesse fatte a se stesso, alla famiglia e soprattutto a Claudia". Claudia Francardi, la vedova di Santarelli, non ha mai smesso di esserci mantenendo rapporti solidi con Matteo e con la mamma Irene con la quale porta avanti le attività dell’associazione Amicainoabele, con incontri sul tema della giustizia riparativa. "La rinascita di Matteo è un nuovo punto di partenza per tutte le persone che in questi anni gli sono state vicino. Matteo ama fare l’educatore, è un lavoro duro ma che gli dà soddisfazione. Il suo vissuto lo aiuta molto. Claudia è felice. Ha scommesso su Matteo andando contro tutti e contro tutto. Il perdono è il dono che ha fatto a mio figlio e lui lo sta custodendo nel migliore di modi".
"Rinascita – confessa lo stesso Gorelli in una video intervista apparsa proprio sul sito della comunità e pubblicata lo scorso dicembre – è rompere la catena del male. Io per farlo sono passato attraverso un gesto di violenza che ha comportato una condanna a 20 anni. Ma che ha portato anche ad una rivoluzione radicale, mia e di tutta la mia famiglia. Abbiamo dovuto ripensare alle nostre mancanze, agli errori. Dal dovere poi nasce un sentimento: quello di voler aiutare". Al carcere di Bollate Matteo ha preso la laurea in Pedagogia alla Bicocca: 110 e lode. Godendo dei permessi di lavoro ogni giorno lavora in comunità. "Ho studiato per 5 anni, sono diventato pedagogista. Autorizzato dai giudici finalmente sono arrivato qui. Ho dato soddisfazione al mio sogno di 19enne che dal carcere sperava di aiutare gli adolescenti. Ora questo sogno lo sto vivendo. Rinascere significa essere qui. Avere feedback di gratificazione, misurarmi coi limiti che ho, sentirmi accolto professionalmente".
Infine, un messaggio per i "suoi ragazzi", molti dei quali stanno vivendo quello che Matteo ha già passato, coscienti di avere una grossa responsabilità: giocarsi al meglio la loro seconda possibilità. "La rinascita esiste per tutti – afferma Gorelli nel video girato per Kayros – Chi arriva qui ha tra i 13 e i 20 anni. Parlare di impossibilità di rinascere, a quell’età sarebbe compiere un delitto. Non si può negare a nessuno una seconda possibilità".