Truffa dei diamanti, i retroscena

Federconsumatori: «In sei hanno versato fra i 20.000 e i 50.000 euro»

Chi si è rivolto all’associazione di consumatori potrebbe essere la punta dell’iceberg

Chi si è rivolto all’associazione di consumatori potrebbe essere la punta dell’iceberg

Empoli, 1 marzo 2020 - I diamanti non sono per sempre, in quanto a valore, come sanno bene quei clienti delle società Dpi e Idb che avevano comprato i preziosi tramite le banche come investimento. A Empoli di questi acquirenti decisamente poco soddisfatti, secondo Federconsumatori, al momento se ne contano sei, equamente suddivisi tra Mps, Monte dei Paschi di Siena, e Bpm, Banca popolare di Milano, che offrivano rispettivamente i preziosi offerti dalle società Dpi e Idb. I clienti si sono rivolti all’associazione di consumatori perché i diamanti acquistati come investimento erano venduti a prezzi gonfiati rispetto al loro reale valore. I malcapitati acquirenti si sono trovati nel metaforico portafoglio beni che non corrispondevano al valore a cui erano stati acquistati. Di qui la decisione di alcuni investitori di rivolgersi ad associazioni che tutelano i consumatori. Nel caso dei sei compratori empolesi, si parla di acquirenti che hanno investito da 20.000 fino a 50.000 euro. Per loro adesso il nodo è quello di rientrare di investimenti che sono stati deludenti non per effetto delle variazioni di mercato.

Chi ha acquistato diamanti dalla Idb tramite Bpm vive una situazione complicata, come dice l’avvocato Maria Luisa Verecondi di Federconsumatori. «La società è fallita e il tavolo di conciliazione che era stato aperto (le pietre sarebbero rimaste al cliente che avrebbero avuto anche un risarcimento del 40-50% del valore dell’investimento) è stato bloccato. C’è poi da considerare la differenza tra chi ha i diamanti e chi li aveva lasciati in custodia. Per questi ci sarà un’azione nei confronti del curatore fallimentare per avere i preziosi. Chi invece aveva le pietre in mano, dovrà ‘insinuarsi’ nel passivo fallimentare per avere quanto versato, somma decurtata dal valore effettivo delle pietre da far valutare da un perito gemmologo».

Nel caso dei clienti di Mps, che avevano comprato i diamanti dalla Dpi, non c’è il tavolo di conciliazione. Si è parlato di un accordo per la rifusione delle somme versate, ma per ora non ci sono intese chiare. «Le filiali di zona – riprende l’avvocato – hanno contattato i clienti ma al momento non ci sono stati accordi per il risarcimento. L’istituto di credito chiede ai clienti di esibire alcuni documenti. Comunque la base di transazione è da valutare e ci sono da verificare alcuni aspetti: ad esempio non è previsto il pagamento automatico contestuale alla consegna dei preziosi. Al momento stiamo procedendo alla raccolta della documentazione richiesta da Mps, tra cui la fattura d’acquisto, che non sempre è stata consegnata ai clienti».