
Giorgio Ariani
Empoli, 6 marzo 2016 - La notizia arriva alle nove di sera, come un brutto schiaffo: è morto Giorgio Ariani. Attore di teatro, di cinema, di cabaret, anima fiorentina, peso massimo della simpatia, della comicità, della risata spesso amara. Avrebbe compiuto 75 anni il prossimo 26 maggio. Da tempo il cuore faceva fatica. Lo scorso dicembre, il giornalista Fabrizio Borghini lo aveva premiato con il Fiorino, in una serata dedicata alla commedia toscana. Lui avrebbe voluto tanto andarci: ma alla fine non ce l’aveva fatta.
Pochi giorni prima, una corsa in ospedale. “Sono state le mie due figlie a impormelo”, ci raccontava. “Facevo fatica a respirare: lì mi hanno trovato un edema polmonare, un blocco renale, problemi cardiaci. Mi hanno aperto il cuore, mi hanno spezzato un po’ di costole, mi hanno sistemato una valvola. Ma ora sono qui, e sto bene”, diceva. L’ottimismo, il sorriso Ariani ce l’aveva ancora. Ma le forze lo stavano abbandonando. E pensare che era proprio un’immagine di forza, di allegria, di gioco continuo quella che Ariani dava, nei film comici anni ’70 dove, in tanti, lo scoprimmo.
Aveva una salopette di jeans, un enorme cesto di capelli neri, ricci, un’allegria contagiosa. Con quella divisa interpretò anche un Pierino: uno di quei film che all’epoca raccoglievano pubblico quanto oggi i film di Zalone. Ma la sua storia veniva da lontano. Fiorentino, nato per caso in Emilia, Giorgio Ariani aveva imparato l’arte della comicità prestando la voce a Ollio. Sì, proprio quello di Stanlio e Ollio. Prendendo il posto di un mito come Alberto Sordi, peraltro. Lo fece in una trentina di film, e si portò addosso il personaggio di Oliver Hardy anche in teatro e in tv. Non lo sapevamo, ma la sua voce ci accompagnò nell’infanzia.
Nella serie di cartoni animati “Nick Carter” in “Gulp! Fumetti in tv”, per esempio, la sua era la voce del giapponese Ten: “dice il saggio…”. Poi fu “L’altra domenica” con Renzo Arbore, e i film comici, da “L’esercito più pazzo del mondo” a “I carabbimatti”. L’incontro con Alessandro Benvenuti, uno che i talenti li riconosce e li ama, e che lo volle in “Zitti e Mosca” e “Caino e Caino”. Roberto Benigni che lo coinvolge nel suo “Pinocchio”. E i premi: come il Leggìo d’oro, per i suoi doppiaggi di Oliver Hardy. Uno dei suoi ultimi film, “L’affarista” di Beppe Ferlito, l’aveva girato senza riuscire a stare in piedi.
Ma, nel ruolo di un avvocato, pronunciava un’arringa finale potente, commovente, gigantesca. Un grande pezzo di cinema. L’ultima volta che parlammo con lui, pochi giorni fa, ci parlò con nostalgia di due colleghi, anche loro virtuosi della risata, toscani come lui: Carlo Monni e Andrea Cambi. Speriamo che ora siano da qualche parte, insieme, a far sorridere il Paradiso. Tra gli amici e colleghi, Leonardo Pieraccioni andava a trovarlo nella sua casa in collina, vicino Montespertoli: “Lo sento come un figlio”, diceva Ariani. E Panariello ha scritto, ieri sera, sul suo profilo Facebook: “Se ne va un pezzo di storia della comicità toscana. L’ultimo abbraccio a Giorgio Ariani”. La salma è esposta da oggi alle Cappelle del commiato dell’ospedale di Empoli.
I funerali si svolgeranno martedì 8 marzo alle 11 nella chiesa di S. Andrea a Montespertoli. Giorgio Ariani lascia i figli Tiziana, Camilla e Niccolò. Oltre a un grande vuoto in tutti noi.