REDAZIONE EMPOLI

"Il momento più critico? Ogni giorno. Ma il reparto è stato eccezionale"

Il direttore Rosario Spina guida anestesia e rianimazione del ’San Giuseppe’ dal 2012 e ha affrontato l’emergenza legata al Covid19 fin dall’inizio. "La preparazione - aggiunge - ha avuto un ruolo chiave"

Il dottor Rosario Spina guida il reparto di anestesia e rianimazione del "San Giuseppe"

Empoli, 16 maggio 2020 - «Avere avuto il tempo di prepa rarsi ha significato non aver avuto problemi di gestione del paziente". Lo spiega Rosario Spina, dal 2012 a capo del reparto di anestesia e rianimazione del San Giuseppe. Un reparto che, nell’emergenza Covid19, si è moltiplicato per accogliere i casi più gravi e oggi, in fase 2, mantiene un presidio Covid da 10 posti. Quanti i pazienti assistiti in fase 1? "Nel periodo marzo-aprile, in pronto soccorso sono stati fatti 4mila tamponi, 367 sono risultati positivi e 28 sono approdati in terapia intensiva. Sicuramente se questi 367 casi fossero arrivati in 10 giorni, equivalente di quanto accaduto nel Nord, sarebbe stato un disastro". Invece? "Sono arrivati in 60 giorni con una concentrazione diversa seguendo le curve dell’infezione. Questo ha creato un impatto importante, ma ci ha dato il tempo di prepararci e pianificare in termini di personale di tutta la filiera e di dispositivi e strumentazioni". La tempistica ha avuto un ruolo chiave? "Sì.Un esempio? E’ facile aprire una nuova area di terapia intensiva, ma il personale deve essere adeguato: i direttori del personale infermieristico e della direzione dell’ospedale sono stati in grado di mescolare il personale idoneo con chi doveva fare formazione sul campo. La risposta è stata ottima". Qual è il dato sulla mortalità Covid in intensiva? "Su 28 pazienti, età media 65 anni, abbiamo avuto 4 decessi, il 13 per cento, età media 77 anni, in linea con quanto riporta la letteratura, ma al di sotto della linea della mortalità delle terapie intensive Covid di Lombardia e altre regioni: si va dal 10 al 40 per cento. Significa che personale e organizzazione hanno risposto bene". Il momento più critico? "Ogni giorno. La paura c’è stata. Io sono stato a contatto con colleghi poi risultati positivi, anche se il mio tampone è risultato negativo. Il segreto? La possibilità di prepararsi: per noi intensivisti l’anticipazione è mezza vittoria. Sono stati attivati due reparti di intensiva Covid: a fine marzo, momento del picco, tra rianimazione ‘tradizionale’ e le 2 Covid avevamo 32 malati. C’era già il progetto per la terza intensiva Covid, da fare in 24 ore". Fase 2, si torna alla normalità? "Abbiamo ancora 4 pazienti in intensiva Covid. Restiamo con 10 posti Covid, oltre alla normale rianimazione: dobbiamo capire l’evoluzione. L’appello è a rispettare le regole, non è finita". C’è una lezione da tenete a mente? "La sanità dovrebbe ridisegnare i percorsi ospedalieri per i pazienti critici, su tutta la filiera. E personalmente ho imparato soprattutto che i miei colleghi e il personale sono riusciti a dare il meglio. Sono stati eccezionali: professionalità e grandissima umanità". Un momento che non dimenticherà? "La comunicazione paziente-famiglia a distanza. E uno degli ultimi pazienti usciti dal reparto: è stato in serio pericolo, si emozionava salutando via web la famiglia, ma appena ha ripreso a parlare ha chiesto della sua moto. Abbiamo sorriso di fronte a quella voglia di tornare alla vita". Samanta Panelli © RIPRODUZIONE RISERVATA