L’ambiente da salvaguardare. L’impatto della fast fashion

Immissione sul mercato di enormi quantità di abiti caratterizzati dalla scarsa qualità e costi bassi. CLASSE 2^ H SECONDARIA DI PRIMO GRADO VANGHETTI DI EMPOLI.

È arrivata la primavera e con essa la voglia di rinnovare il nostro guardaroba con abiti economici e alla moda. Si tratta di un desiderio che tutti al giorno d’oggi possono facilmente realizzare grazie alle numerose catene di negozi che vendono, anche on line, vestiti e accessori a basso costo, garantendo un’infinita possibilità di scelta.

Si tratta della cosiddetta fast fashion, quel filone della moda internazionale, attivo ormai da alcuni anni, che consiste nell’immissione sul mercato di enormi quantità di indumenti caratterizzati dalla scarsa qualità dei materiali e dai bassi costi di produzione e di vendita. L’offerta dei vari marchi è sempre più ampia: si possono acquistare magliette al costo di 3 euro, pantaloni a 10 euro, scarpe all’eccezionale prezzo di 20 euro; i nostri armadi si riempiono a dismisura di abiti che forse non metteremo mai o che getteremo via dopo una sola stagione.

La conseguenza è che la produzione di vestiti sta aumentando a dismisura, si parla di 100 miliardi di prodotti venduti in un anno, circa il 60% in più rispetto a due decenni fa. Dal punto di vista dell’impatto ambientale la situazione è molto seria. L’industria della moda è, infatti, tra le più inquinanti al mondo, rilascia nell’atmosfera il 10% dei gas serra, consuma oltre 93 miliardi di litri di acqua in un anno e disperde nei fiumi tonnellate di coloranti.

Anche il trasporto delle merci da un luogo all’altro per soddisfare gli ordini on line e i resi, comporta un enorme costo per il nostro pianeta, basta pensare alla produzione di Co2 legata all’uso di mezzi come camion, treni, aerei e all’utilizzo di plastica, carta e cartone per il confezionamento dei prodotti.

Come se non bastasse i tessuti sono spesso colorati con sostanze tossiche in quantità molto superiori ai limiti di legge e sono prodotti con fibre sintetiche derivate dalla raffinazione di idrocarburi che, dopo pochi lavaggi, iniziano a rilasciare microplastiche nell’ambiente.

Attualmente solo una piccola percentuale delle tonnellate di rifiuti tessili prodotti viene riutilizzata per confezionare altri capi di abbigliamento, la stragrande maggioranza finisce nelle discariche e negli inceneritori contribuendo all’inquinamento dell’aria che respiriamo, del terreno e delle acque.

Non fa piacere sapere che uno dei capi di abbigliamento più inquinanti è anche quello più amato al mondo, si tratta dei jeans per la cui produzione, tintura e decolorazione sono necessari enormi quantità di acqua e terreno, coloranti e prodotti chimici. Insomma, stiamo attenti a quello che ogni mattina mettiamo sulla nostra pelle.