Infermiere spiate in doccia Chiesto il rinvio a giudizio

Dalla procura arriva l’atto formale per mandare a processo i tre tecnici. La microcamera era stata trovata un anno fa nel muro dello spogliatoio.

Infermiere spiate in doccia  Chiesto il rinvio a giudizio

Infermiere spiate in doccia Chiesto il rinvio a giudizio

EMPOLI

È passato un anno da quando il caso scoppiò, tra lo stupore e l’indignazione generale. Adesso sulla vicenda delle infermiere (ma anche dottoresse e operatrici socio sanitarie) dell’ospedale San Giuseppe spiate sotto la doccia c’è un’importante novità: la Procura di Firenze ha richiesto al gip il rinvio a giudizio per i tre indagati. La data dell’udienza non è stata ancora fissata, ma di fatto è un deciso passo avanti. Sicuramente atteso, dopo che il pubblico ministero Sandro Cutrignelli, nello scorso mese di marzo aveva chiuso le indagini, notificando l’atto ai tre soggetti intorno ai quali si erano concentrate le attenzioni degli investigatori. Tre tecnici di una ditta che ha in appalto la manutenzione degli impianti del polo sanitario empolese: un 40enne di Capraia e Limite, un 36enne di San Miniato e un 57enne di Castelfranco di Sotto, accusati di interferenze illecite nella vita privata (più l’aggravante di aver commesso il fatto "per motivi abietti") che rischiano fino a quattro anni di galera.

Secondo quanto emerso dalle indagini avrebbero nascosto una microcamera nella fessura di un muro dello spogliatoio femminile dell’ospedale empolese che trasmetteva immagini su uno schermo posto in un locale tecnico del medesimo ospedale davanti al quale, secondo la procura di Firenze, si sarebbero seduti, anche in veste di spettatori. L’attività di indagine ha visto anche l’uso del Dna per cercare tracce biologiche dei sospetti su una piccola sonda di quelle usate per cercare le rotture nei tubi. E il Dna di uno dei tre, ci è stato trovato davvero. La videocamera endoscopica era stata nascosta nelle docce. Nei giorni di “riprese“, infermiere, oss e dottoresse, ignare di un virtuale buco della serratura, sarebbero state spiate ’live’ (la sonda non avrebbe consentito, fortunatamente, la registrazione) completamente senza vestiti, mentre si insaponavano e lavavano dopo il turno. È stata una di loro, nel maggio dell’anno scorso, forse allertata dal chiacchiericcio sempre più insistente fra i dipendenti uomini, a ispezionare il muro e tirare fuori con delle pinzette l’occhio elettronico, attaccato a un cavo di un metro che finiva nel vano attiguo. Le circa settanta donne, assistite dai rispettivi avvocati e sostenute dai sindacati, stanno preparando una sorta di compatta class action penale nei confronti dei tre presunti "guardoni".