CARLO BARONI
Cronaca

In carcere con la tubercolosi. "Caldo e condizioni inadeguate, così mio marito non può guarire"

Lo sfogo della moglie: "Temo che la sua salute peggiori. Ho scritto anche al garante dei detenuti"

Un carcere

Empoli, 31 luglio 2023 - La malattia e il carcere. "Mio marito non può stare in carcere, con 40 gradi, circondato di cemento rischierà di arrendersi in quanto la terapia che deve affrontare è molto forte e le condizioni in cui si trova non gli permetteranno di guarire". Sono le parole della moglie che si è rivolta al nostro giornale e ci racconta la storia del quarantaduenne, albanese, residente a Empoli "che ha contratto la tubercolosi dopo poco essere entrato in carcere", spiega la donna. A livello giudiziario la posizione dell’uomo è ancora pendente per Cassazione: il processo davanti agli ermellini, dov’è stata impugnata la sentenza della corte d’appello, è fissato per ottobre. Ma torniamo indietro. Il detenuto si trova nel carcere di Sollicciano dal 28 aprile 2021 "e già da quell’anno lui si è infettato da tubercolosi in carcere - racconta la donna –. Poi la malattia ha continuato a svilupparsi sempre di più, finché il 10 maggio scorso è stato ricoverato d’urgenza in ospedale nel reparto malattie infettive in quanto non riusciva a respirare e aveva una tosse persistente. I medici gli hanno diagnosticato così la tubercolosi in fase attiva".

Inizia un ricovero lungo e in isolamento per un totale di due mesi e 10 giorni. Il 20 luglio è stato dimesso perché non più infettivo e quindi è stato ritenuto nelle condizioni di lasciare l’ospedale e proseguire con le terapie del caso. "Anche la Corte d’appello aveva detto che l’unico luogo in cui lui può guarire e salvaguardare la sua salute è l’ospedale", ripete la moglie. Intanto il difensore del 42enne, avvocato Costanza Malerba, ha fatto una nuova istanza alla corte, stavolta per chiedere che la corte verifichi, anche all’esito delle dimissioni dell’ospedale, se "l’attuale quadro clinico dell’uomo è compatibile con la detenzione carceraria". Perché, una volta dimesso dall’ospedale, è stato appunto riportato in carcere.

"Avevamo anche chiesto che gli concedessero gli arresti domiciliari, ma la casa a Empoli non è stata ritenuta idonea perché c’ero io, ed è andato male anche il secondo tentativo quando avevo concesso tutta l’abitazione a uso esclusivo di mio marito – prosegue lo sfogo della moglie - La nostra istanza è stata rigettata nuovamente mandandolo in carcere". La corte, ora, si apprende, potrebbe pronunciarsi a giorni. "Si tratta di una malattia infettiva e prevede una cura che può arrivare anche a 9 mesi - conclude la moglie –, ma soprattutto con le condizioni igieniche del carcere e il regime alimentare scarso, mio marito rischia di non affrontare adeguatamente la terapia e di conseguenza c’è il rischio che la sua salute peggiori. Ho avvisato anche il garante dei detenuti della regione Toscana. Non mi arrenderò mai".