
Giuseppe Fanfani è il garante dei detenuti della Toscana
Quasi tremila detenuti in 16 carceri toscane, oltre il 90% uomini. Nessuna mamma (fortunatamente) reclusa con i figli. Il 46% parla straniero (in Italia la media è del 31%), un quarto sono i tossicodipendenti e il 33,5% sono dentro per reati legati alla droga. E’ la foto della Toscana dietro le sbarre fatta dal garante dei detenuti che nei giorni scorsi ha depositato la Relazione al Consiglio regionale e si appresta a compendiare lo studio sui malati psichiatrici con l’Università di Firenze per indagare il fenomeno più diffuso: il disagio psichico. Un dato balza agli occhi: per accedere alle 2 Rems (Empoli e Volterra con 11 e 35 posti) che devono ospitare anche gli autori di reato ritenuti pericolosi dell’Umbria (celebre il caso di Luigi Chiatti mandato in Sardegna) c’è una lista di attesa di 70 persone. Di queste 11 sono in carcere, senza titolo, dice il dossier. Non ci potrebbero stare perché dichiarate incapaci di intendere e di volere. Al Garante in un anno sono arrivate 277 istanze: il 26,4% per violazione del diritto alla salute. Aumentano invece le misure alternative alla detenzione: 2129 in prova, 1016 ai domiciliari e 201 i semiliberi.
Firenze, 27 luglio 2023 - Mancanza di lavoro, spazi angusti e aumento dei casi psichiatrici. "Il sistema carcere va ripensato integralmente in funzione dell’adempimento del dettato costituzionale: umanità nella detenzione e reinserimento sociale. Siamo lontanissimi ancora da quel modello". Giuseppe Fanfani è il garante dei detenuti della Toscana e negli ultimi giorni ha depositato il dossier sullo stato delle strutture toscane. Sedici in tutto per 2963 reclusi, la maggior parte uomini, la metà stranieri, un quarto tossicodipendenti.
Qual è il problema principale?
"Il sovraffollamento reale: è vero i numeri dei detenuti sono calati anche in Toscana ma i numeri sono calcolati sulla base dell’occupazione degli spazi. In una cella di 15 metri quadri in 3-4 non ci si può stare. E’ il male delle grandi carceri come Sollicciano, Prato, San Gimignano, Pisa e Livorno e anche Massa mentre nelle strutture piccole è meno sentito, perchè ci sono a disposizione spazi più ampi e il differente rapporto anche tra personale e detenuti, improntato all’ aiuto, invece che alla repressione rende il carcere meno afflittivo".
Quali sono le strutture migliori?
"L’ideale sono la Gorgona e Pianosa, l’estate ci vorrebbero andare tutti. C’è un clima isolano che è particolarmente accettabile: non è che detenuti possono fare il bagno ma hanno libertà di movimento e vivono sostanzialmente con spazi maggiori. I migliori restano i piccoli: Arezzo, Siena e Grosseto, Pistoia e Massa Marittima, quest’ultimo è ’bellino’ sempre che questo termine si possa accostare a una struttura penitenziaria".
La maglia nera in Toscana?
"Non me lo faccia dire. Tutte le grandi strutture: un carcere per essere educativo e vivibile non deve avere più di cento detenuti".
Sollicciano?
"Andrebbe demolito: è un bell’esempio architettonico e stilistico ma non ha niente del carcere moderno dove il detenuto deve essere trattato con umanità e trovare le strade della redenzione sociale. Funziona il Gozzini, meno di cento detenuti: ci sono i semiliberi ed è stato dato vita a un programma di rieducazione importante".
In un anno si sono registrati 4 suicidi (tutti a Sollicciano), 110 tentativi, 912 atti di autolesionismo. Numeri impressionanti...
"A Sollicciano c’è malessere, anche io quando entro sento un senso di alienazione che non provo da altre parti. E gli atti di autolesionismo che vengono registrati come tali sono meno della situazione reale. Ho visto uomini che hanno incisi sulle braccia gli anni della detenzione".
Sono sempre più numerosi i detenuti che soffrono di patologie psichiche. A cosa è dovuto?
"E’ un fenomeno che sta esplodendo ovunque: dipende dalla fragilità, dall’ambiente che trovano, dalla solidarietà. Per questo nelle strutture piccole i suicidi non ci sono e si prevengono meglio gli atti di autolesionismo. Ci sono strutture dove se uno non è matto, ci diventa, e poi molti scontano un profondo senso dell’abbandono. A Sollicciano ci sono solo una manciata di educatori e poche ore disponibili con psichiatri e psicologi. Non si possono costruire percorsi duraturi, se gli va bene parlano con il medico a ogni spuntar di luna e vengono riempiti di medicine. Manca il personale per supplire alla fragilità psichica dei detenuti".
Su quasi 3mila detenuti in Toscana appena 212 lavorano all’esterno e un migliaio alle dipendenze dell’Amministrazione penitenziaria. La mancanza di lavoro non aiuta.
"Se a un detenuto lo fai stare 4-5 anni in carcere senza fare niente, quando è fuori è messo peggio di prima. Se non gli cambi i riferimenti sociali ritrova esattamente quelli che aveva prima e torna a delinquere. E’ un difetto generalizzato del sistema al quale fa da scudo tutto il sistema del volontariato. Dietro le sbarre si lavora solo per le pulizie, in cucina e nelle riparazioni, e mica tutti. Fuori invece il presupposto è trovare un’ambiente che ti accolga, che ti dia lavoro e ti reinserisca ma è difficile. E’ l’offesa maggiore alla Costituzione".
Rems, nella relazione segnalate una lista di attesa di 70. Non sono tanti? E undici sono in cella in attesa di un posto...
"Se uno ammazza una persona ed è matto lo metti in carcere fino a quando non trovi posto nella Rems perchè il sistema sociale esterno al carcere è schifoso, inaccogliente. Le persone con problemi psichici andrebbero curate in ambienti di tutela se sono pericolose per mettere in sicurezza i cittadini, altrimenti accade quello che è successo recentemente, o in strutture intermedie che sono le strutture psichiatriche territoriali".
Sono abbastanza?
"Non è solo una questione di numeri ma della possibilità di riuscirle a curare. E’ un sistema che andrebbe ampliato: più riesci ad aumentare la capacità del sistema sociale e più riduci quello della detenzione carceraria".