Il Monte dei Paschi di Siena cambierà pelle ‘Muta’ la banca che ha aiutato l’economia

I fasti delle confezioni e delle vetrerie sono ormai lontani e anche l’istituto che li ha resi possibili fa i conti, da tempo, con molte difficoltà

di Bruno Berti

La mossa di Unicredit, la seconda banca del Paese, con la proposta di acquisto, a certe condizioni, di Monte dei Paschi segna un possibile punto fermo, certo da definire, sulla sorte dell’istituto di credito senese (nella foto a destra, la sede di Rocca Salimbeni). Tutto dovrà essere deciso con il ministero dell’Economia, anche se l’ipotesi ‘spezzatino’ non piace ad alcune organizzazioni sindacali e alla Regione.

Dal punto di vista dell’Empolese Valdelsa, si mette in gioco l’istituto bancario, sia pure acciaccato, che da noi ha contribuito al salto di qualità economico compiuto dalla zona, quello del dopoguerra, con la riviltalizzazione delle vetrerie, anche con la nascita di una serie di cooperative, e con il rilancio della produzione di abbigliamento, che a livello industriale aveva preso il via già con le forniture militari per l’esercito durante la Prima guerra mondiale. Banche come il Monte, e la Cassa di risparmio di Firenze, a livello di sistema economico avevano dato una mano importante alla nostra industria, con un occhio di riguardo alle confezioni e alla vetrerie, tanto che si può dire che il Monte abbia lavorato nel ‘segno’ del trench e del fiasco.

L’andamento dei due settori principe dell’economia locale era strettamente legato all’attività degli istituti di credito più importanti, certo senza dimenticare le‘sigle’ più piccole che avevano un ruolo soprattutto per le piccole e medie imprese, che costituivano la corposa base del sistema delle confezioni e delle vetrerie.

Le banche di riferimento erano quelle che davano ‘ossigeno’, senza regalare alcunché certo, alle imprese di riferimento. Tra l’altro, era normale che le aziende avessero conti correnti in una serie di istituti di credito. Infatti, era più facile avere finanziamenti, magari non pesanti, da banche diverse anziché far riferimento a un solo istituto: così il rischio per chi prestava soldi era diluito. E negli anni ’60-’70, ma anche dopo, la Banca d’Italia vigilava con attenzione su questi temi per evitare problemi alla casse delle imprese di credito. Tra l’altro, in quegli anni, a decidere chi poteva aprire uno sportello bancario era proprio Bankitalia, anche per governare al meglio la gestione del credito.

Per questo, quando si scriveva che a Empoli c’erano più banche che panifici, sottintendendo che il comune era ricco, si diceva il vero. Se l’arcigna Banca d’Italia di allora faceva aprire sportelli bancari, significava che la torta del risparmio era adeguatamente interessante per molti competitori. Erano gli anni in cui si trovava una confezione quasi a ogni angolo della città e in cui le vetrerie erano un’attività manifatturiera fiorente, tanto che il paesaggio cittadino, visto dalle colline, era definito, oltre che dal classico campanile e dall’edificio dell’ospedale, quello vecchio per definizione, in via Paladini, dalle ciminiere delle imprese vetrarie. Adesso, il quadro è cambiato profondamente, e anche una delle banche, il Monte, che quella tela aveva contribuito a dipingere, potrebbe cambiare radicalmente volto.