Elona, gravidanza da nascondere Il pm sfodera un possibile movente

Potrebbe essere all’origine del duplice delitto: nuovi indizi nell’udienza al Tribunale del Riesame

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CASTELFIORENTINO

Colpo di scena all’udienza al tribunale del Riesame dove il collegio avrebbe dovuto decidere in merito alla richiesta degli arresti domiciliari per Elona Kalesha detenuta a Sollicciano perché accusata della morte dei genitori dell’allora fidanzato Teuta e Sphetim Pasho. Duplice omicidio volontario e occultamento di cadavere, queste le accuse. I legali dell’arrestata, Federico Febbo e Antonio D’Orzi, hanno preso atto del deposito da parte del pm Ornella Galeotti di altre frecce nell’arco dell’accusa. Niente infatti impedisce, prima della chiusura delle indagini preliminari, al pm e ai carabinieri di proseguire il proprio lavoro investigativo. I giudici dunque si sono riservati di valutare e hanno aggiornato l’udienza al 20 settembre.

In primo luogo Elona aveva un movente per far sparire i cadaveri fatti a pezzi e nascosti nelle valigie e ritrovati nel dicembre 2020. Temeva che la coppia potesse svelare al figlio Taulant che lei aspettava un bambino da un altro uomo. E che Taulant potesse ucciderla per questo. Elona abortì il 27 ottobre 2015, cinque giorni prima della scomparsa della coppia e della scarcerazione del figlio.Taulant, ha ricostruito la pm Ornella Galeotti, non sapeva della gravidanza della fidanzata: nell’autunno 2015 scontava una pena per spaccio e non poteva essere il padre della creatura. L’accusa incalza. Elona conosceva bene il luogo dove furono trovate le valigie. Nell’inverno 2015, espose sulla barriera antirumore che scorre lungo la FiPiLi, proprio di fronte al carcere di Sollicciano, un lenzuolo con una scritta d’amore: "Taulant ti amo tanto, mi manki troppo". A darne conferma in udienza (presente da remoto) anche l’indagata: "Ho scritto quel messaggio non su un lenzuolo ma su un muro". Era stato Taulant durante l’interrogatorio del giugno scorso davanti al pm a riferire di quella dichiarazione d’amore: "Elona mi inviò anche la foto di quello striscione, ma la strappai". Un agente del carcere era stato il primo a dire a Taulant che ’aveva posta’ sul muro. Terza novità. E’ stata depositata anche la perizia del botanico forense, Marco Stefano Caccianiga: quelle valigie erano sotto la FiPiLi dal 2015-2016. I conti tornano. Per l’accusa.

am ag