OLGA MUGNAINI
Economia

Così nacquero i ‘Super Tuscan’. Antinori celebra il Tignanello

La bottiglia che rivoluzionò il mercato compie 50 anni. Il marchese Piero: “Una sfida mai finita”

Il marchese Piero Antinori

Il marchese Piero Antinori

Firenze, 2 giugno 2024 – Un immenso potenziale che aspettava solo di essere scoperto, coltivato, immaginato. Ma per crederci ci voleva la tempra e il coraggio dell'imprenditore, la costanza e il patrimonio genetico di venticinque generazioni di vinattieri. Era il 1971 quanto il marchese Piero Antinori scommesse su un'antica vigna nel Comune di San Casciano, su una collina a 390 metri sul mare, che fino a quel momento aveva regalato solo un modesto vino da tavola, come del resto erano gran parte delle produzioni toscane e italiane. Tre anni dopo entrò in commercio la prima bottiglia di Tignanello, un'etichetta che avrebbe rivoluzionato il concetto stesso di vino made in Italy, che avrebbe anticipato i tempi, diventando una pietra miliare dell'enologia, e dando il via al movimento degli ormai celebri «Super Tuscan».

Marchese Antinori, 50 anni di Tignanello, che lei ha definito l’etichetta del Rinascimento del vino italiano. Come è nata quest'avventura?

"Partendo dalla constatazione che negli anni ‘60 il panorama vitivinicolo italiano stava vivendo un periodo buio, per vari motivi, a cominciare dal passaggio dalla mezzadria alla coltivazione diretta. Fu allora che viaggiando e conoscendo varie aree viticole di successo, conobbi a Bordeaux, un grande personaggio, enologo e appassionato di vino francese: Émile Peynaud. Fu lui, insieme poi a Giacomo Tachis, che mi aiutò a cercare nuove soluzioni, innovative per l’epoca, per produrre vini di carattere e qualità che potessero competere con i migliori vini del mondo”.

Quali furono le novità?

"Siamo partiti dalla consapevolezza che il ‘terroir’ chiantigiano non stava esprimendo tutto il suo potenziale. Allora abbiamo iniziato le prime sperimentazioni nel vigneto Tignanello con 76.682 viti, da con la prima annata composta quasi esclusivamente da uve Sangiovese, affinata in barrique di rovere Tronçais fino al 12 febbraio 1974. Credemmo che per creare un vino rosso moderno di altissima qualità in grado di invecchiare nel tempo, il Sangiovese potesse avere un apporto importante utilizzando una piccola quota di Cabernet”.

Come andò?

"La prima annata, la 1971, in commercio nel 1974, provocò una reazione controversa. In un momento in cui le prime Doc stavano facendo capolino nel mondo vitivinicolo, Tignanello fu classificato come Vino Da Tavola: con una qualità e identità superiore ma con una classificazione meno nobile. Questa contraddizione destò grande curiosità e contribuì probabilmente anche all’affermazione di Tignanello”.

Da lì in poi è stato un crescendo.

"Come diceva Émile Peynaud citando Oscar Wilde: ‘la tradizione è un’innovazione riuscita ben’». Così è stato per Tignanello. È stato infatti uno dei primi vini a essere soprannominato ‘Super Tuscan’ a metà degli anni ’80”.

Cosa si intendeva per ‘Super Tuscan’?

"Un vino rosso toscano non convenzionale per l’epoca, di eccezionale qualità che sfuggiva ai disciplinari di produzione attraverso l’utilizzo di varietà non autoctone o metodi di affinamento non previsti. La qualità, che non rifletteva la classificazione ‘Vino da Tavola’ e successivamente ‘Vino Tipico’ con cui dovevano uscire, portò alla coniazione del termine ‘Super Tuscan’.

Furono proprio i Super Tuscan a evidenziare le potenzialità della viticoltura ed enologia toscana di qualità e a contribuire all’evoluzione dei disciplinari delle Doc, poi Docg. Oggi cos'è per lei questa etichetta?

"A distanza di 50 anni, Tignanello non finisce mai di sorprendermi, annata dopo annata. Un vino a cui io e la mia famiglia siamo profondamente legati e che rappresenta per noi una sfida mai finita, l’ossessione a migliorarci, a porci sempre in discussione, a trovare margini qualitativi sempre più elevati. Proprio pochi mesi fa abbiamo reimpiantato l’ultima parte del vigneto della collina di Tignanello, e il caso ha voluto che fosse proprio durante questo anniversario, con un vino capace di rappresentare a pieno lo spirito del ‘Te Duce Proficio’, motto della nostra famiglia, che significa 'Sotto la tua guida io procedo'”.

Tanta modernità e tanta storia.

"Sì, da oltre sei secoli la nostra famiglia ha un profondo legame con la città di Firenze, il mondo del vino e l’arte. I 50 anni di Tignanello ci hanno dato l’opportunità per unire e rendere omaggio a questi tre elementi che ci stanno particolarmente a cuore, nel segno del Rinascimento, sia vitivinicolo, che artistico”.

Oggi l’azienda è presieduta da sua figlia Albiera, col supporto delle altre due figlie Allegra e Alessia, mentre lei è Presidente Onorario. Insomma, una tradizione di generazione in generazione.

"Adesso sono entrati in azienda i nipoti che rappresentano la 27° generazione. La mia famiglia ha sempre gestito direttamente questa attività con scelte innovative e talvolta coraggiose, mantenendo inalterato il rispetto per le tradizioni e per il territorio. Perché, sarà un caso, ma gli ottimi vini nascono in posti bellissimi”.

In occasione dei 50 anni di Tignanello, la famiglia Antinori affianca il Comune di Firenze nel restauro conservativo del Ponte Vecchio. Palazzo Antinori, storica residenza di famiglia, si anima inoltre di un'opera digitale di Felice Limosani. L'artista ha reinterpretato le tecniche tradizionali di pittura paesaggistica e floreale utilizzando l’intelligenza artificiale e software generativi, creando ambientazioni surreali tra il figurativo e l’astratto, esaltando la maestosità della natura. L’installazione «Ars Una«, sarà visibile fino al 9 giugno, dalle 21 a mezzanotte.