Il nuovo polo siderurgico: rinascimento d’acciaio. "Con Metinvest e Jsw Piombino ha un futuro"

Luciano Gabrielli, ex operaio e sindacalista, rivive carriera e storia: "Entrai a 18 anni nel 1973, per il lavoro al forno rinunciai al calcio". Incontro Urso-Jindal: intesa per riprendere la produzione di rotaie

A sinistra Sajjan Jindal e Marco Carrai con il ministro Adolfo Urso

A sinistra Sajjan Jindal e Marco Carrai con il ministro Adolfo Urso

Piombino (Livorno), 19 gennaio 2024 – E dopo i colloqui con i vertici di Metinvest Danieli e il relativo accordo, il ministro delle Imprese Adolfo Urso, ieri ha incontrato a Palazzo Piacentini, Sajjan Jindal, amministratore delegato del Gruppo JSW, sui programmi di rilancio del polo siderurgico di Piombino. La riunione, informa una nota del ministero, ha consentito di definire le modalità del nuovo accordo di programma, finalizzato alla ripresa della produzione di rotaie. Nei prossimi giorni sarà sottoscritto il protocollo di intesa tra Ministero delle Imprese e del Made in Italy e Jsw che, come nel caso di Metinvest, individuerà tempistiche e procedure per consentire che nell’area siderurgica possano svilupparsi i due progetti produttivi.

Mercoledì infatti è stato sottoscritto il MoU tra Mimit, Regione Toscana, Comune di Piombino e Metinvest Adria SpA, Metinvest B.V., Danieli & C. Officine Meccaniche SpA, volto a realizzare nello stesso sito un impianto ambientalmente sostenibile per la produzione di prodotti finiti di acciaio. Il polo di Piombino, secondo quanto ha ribadito il ministro Adolfo Urso, si inserisce nel quadro del piano siderurgico nazionale insieme ai poli di Taranto, Terni e alle acciaierie del Nord Italia. La firma del ‘memorandum of understanding’ tra ministero delle Imprese e del Made in Italy e Jsw «sarà la base per il rilancio del polo industriale di Piombino, che grazie agli investimenti anche di Jsw tornerà ad essere uno dei principali siti siderurgici italiani». Questo il commento di Marco Carrai, vicepresidente esecutivo di Jsw Steel Italy, dopo l’incontro di oggi tra il ministro Adolfo Urso e Sajjan Jindal, amministratore delegato del gruppo Jsw, che prelude alla firma dell’accordo. Carrai ha espresso la sua gratitudine a Urso e allo staff del Mimit «per il proficuo e reciproco impegno che porterà a giorni alla firma del memorandum of understanding» con Jsw. «Il percorso è stato lungo – ha concluso – ma l’arrivo sarà soddisfacente».

L’intervista

Luciano Gabrielli le ha viste tutte. Per più di 40 anni è stato dipendente delle Acciaierie di Piombino, dall’Italsider dei primi anni Settanta, all’Ilva negli anni Ottanta, alla Lucchini siderurgica negli anni Novanta e infine Severstal e poi Aferpi (Acciaierie e Ferriere di Piombino) fino a Jsw. Un testimone diretto di una storia che fa parte integrante di un territorio, di una città che per anni è vissuta all’ombra delle ciminiere, quando gli sbuffi della cokeria e dell’altoforno significavano uno stipendio sicuro per diecimila famiglie. L’acciaio di Stato e poi i grandi gruppi industriali italiani di cui Lucchini era uno dei rappresentanti di spicco e non a caso aveva ricoperto anche la carica di presidente di Confindustria.

Com’è iniziata l’avventura?

"Era il 1973, avevo 18 anni quando sono entrato in fabbrica, al Tmp (treno medio piccolo ndr) dove nascevano le rotaie. A quel tempo la fabbrica voleva dire futuro. Per quel posto sicuro rinunciai addirittura a un provino alla Reggina, ero bravo a calcio, ma il lavoro veniva prima di tutto".

E dopo? Che cosa ha significato la fabbrica?

"Nel 1980 divento delegato Fiom al Tmp, nel 1988 entro nel consiglio esecutivo, arrivano poi nel 1992 i 38 giorni di sciopero. Una lunga protesta, difficile, dura: era il periodo del passaggio dalle partecipazioni statali al privato, a Lucchini. Entro in segreteria Fiom nel 2002 e dal 2008 al 2016 sono segretario provinciale. Quindi ho vissuto da operaio poi da sindacalista tutte le fasi, tutti questi ultimi cinquant’anni. Un mondo che è cambiato totalmente".

Momenti più difficili?

"Il 24 aprile del 2014 quando hanno chiuso l’altoforno. Il cuore dello stabilimento. Ci hanno tolto ogni certezza. Prima si faceva sciopero, si manifestava, anche nel 1992 quando la lotta fu più aspra, ma si sapeva che l’altoforno avrebbe garantito la ripartenza. L’acciaio era la nostra vita. Un altro momento complicato è stato proprio il periodo dei 38 giorni di sciopero, soprattutto dopo. Il telefono non suonava più, i lavoratori erano rimasti scioccati e dovevamo riacquistare come sindacati la fiducia dei lavoratori".

Rifarebbe tutto quanto?

"Sì, tutto. Con il senno di poi forse qualcosa con l’esperienza di oggi".

E oggi come vede questi nuovi scenari per Piombino?

"E’ importante che ci sia Metinvest-Danieli da una parte che investe sui laminati piani e poi Jsw sulle rotaie. Poi la nuova acciaieria dovrebbe essere costruita in quelle aree dove devono essere smantellati gli impianti, quindi un’altra cosa buona. Tutto questo è importante per i lavoratori anche se ci sarà da soffrire per un altro paio di anni, ma dovrebbero fare corsi di formazione, magari utilizzare proprio i lavoratori in cassa integrazione per fare gli smantellamenti. Comunque deve essere una acciaieria green, moderna che deve integrarsi con il turismo e il terziario. Una vera opportunità per il rilancio del territorio".

E l’impegno per i compagni di lavoro non è finito, ora lavora per la Cassa mutua integrativa. La fabbrica rimane dentro?

"Sì, è un po’ così. Una comunità che rimane. In questo periodo di difficoltà è stata di grande aiuto permettendo di curarsi anche a chi non poteva spendere grosse cifre. Anche i prossimi anni saranno difficili per i metalmeccanici, e non solo, con l’aumento della cassaintegrazione, quindi anche noi dovremo aumentare i soci per allargare la nostra solidarietà e gli aiuti in termini di visite e prestazioni sanitarie, sempre in collaborazione con l’Asl".