"Aspettiamo di riabbracciare il nostro Mirco". La guerra diventa un ostacolo alle adozioni

Una coppia pratese è in attesa di portare a casa un bimbo ucraino. "Ora si trova al sicuro in Polonia. Ci scrive ogni giorno"

Marco e Maura Romei con Mirco, 12 anni, nei giorni trascorsi assieme in Ucraina

Marco e Maura Romei con Mirco, 12 anni, nei giorni trascorsi assieme in Ucraina

Prato, 13 marzo 2022 - C’è un prima e un dopo, nella vita di Marco e Maura. La frontiera, in questa storia, è quella delle emozioni. Il confine ha gli occhi che ridono di Mirco, il bimbo ucraino che Marco e Maura sentono già loro. Che vuole essere loro. C’è un prima di Mirco e un dopo Mirco. "Posso chiamarvi babbo e mamma". Un abbraccio a tre, bagnato di lacrime e di finalmente, stretto nell’orfanotrofio a Bilhorod-Dnistrovs’kyj, piccolo centro che guarda il Mar Nero nel distretto di Odessa. Ci si è messa la guerra, che sta stringendo il cuore dell’Ucraina in un pugno di sangue e macerie, a rallentare il sogno di quella che sta per diventare una famiglia.

E’ il 16 febbraio quando Marco Romei, 59 anni, pratese, insegnante (lavora al Marconi di Prato) e la moglie Maura, 56 anni, assistente amministrativa alla didattica al Gandhi, partono per Kiev e poi raggiungono Bilhorod-Dnistrovs’kyj, dove si trova l’orfanotrofio.

"La direttrice e la pediatra ci parlano di Mirco, della sua salute, della sua storia. Ci chiedono se siamo ancora convinti –, ricorda Marco – Rispondiamo di sì, certo. A quel punto lo fanno entrare e ci lasciano soli con lui per fare conoscenza. Dovevo portare con me un ‘riassunto’ della nostra vita, ma nella furia di quei momenti mi ero dimenticato. Per fortuna avevo il tablet...". E Google traduttore fisso in modalità russo-italiano e viceversa.

Mauro mostra al piccolo la casa a Prato ("da Google maps si vedeva anche la nostra macchina") e qualche foto. Un piccolo viaggio nel futuro, insomma. Un’intesa subito facile con un bambino che ha 12 anni e un passato pesante come un macigno.

Perché Mirco ha entrambi i genitori, solo che la madre era un’alcolista irrecuperabile, e il babbo, chissà... "Se l’è cavata da solo da quando aveva 6 anni – spiega Marco – sono stati gli insegnanti, a scuola, ad accorgersi che la sua famiglia non era in grado di occuparsi di lui".

I servizi sociali hanno tentato tutte le strade anche con i possibili parenti, ma nulla. Dunque, l’orfanotrofio. Un anno fa è stato dichiarato adottabile. E ora Mirco ha la possibilità di ritrovare una mamma e un babbo. "Quando la direttrice della struttura è rientrata nella stanza in cui ci aveva lasciato con Mirco, nel nostro primo incontro, gli ha chiesto se lui era d’accordo all’adozione.

Ha risposto di sì, ed è corso ad abbracciare Maura", racconta Marco, la voce ancora impastata d’emozione. Sono trascorsi i giorni belli di una famiglia appena nata: "Abbiamo passato giornate insieme in giro per la città, l’abbiamo portato al centro commerciale, nei ristoranti più belli, abbiamo improvvisato una partita di calcio in un parco. E lì si è accorto che non tutti gli italiani sono bravi a giocare a pallone – sorride Marco – E ogni volta che rientrava in orfanotrofio portava dei regalini per i suoi amichetti, è la prassi e lui lo faceva volentieri. Penne, quaderni, colori, un pallone per giocare".

Tutti gli step per l’adozione, curata dall’associazione fiorentina Aiau, sono andati avanti. "Il 22 febbraio sono stati depositati i documenti e vista la situazione di tensione che stava cre scendo ci hanno sollecitato a tornare in Italia – spiega Marco– Ora deve solo essere fissata l’udienza finale, che in genere è dopo circa 3 settimane e avviene online su una piattaforma criptata del Ministero. Fatta anche questa, devono trascorrere altri 30 giorni, e allora sarà possibile andare a prendere il bambino e portarlo a casa".

Nel frattempo la guerra ha complicato tutto. Nell’orrore in cui è piombata l’Ucraina, la notizia positiva è che dal 5 marzo circa 800 bambini degli orfanotrofi del paese, tra cui Mirco, sono stati portati in Polonia e si trovano al sicuro in un centro congressi vicino a Rawa Mazowiecka, circa 80 chilometri da Varsavia.

Mirco e i coniugi Romei sono in contatto quotidiano. "Ci sentiamo anche due tre volte al giorno su Whatsapp, ci manda foto e video. All’inizio mi sembrava quasi contento, curioso della situazione nuova – racconta Marco – ma negli ultimi giorni lo sentiamo un po’ nervoso. Ci ho messaggiato poco fa. Mi dice che ha freddo, che sono tanti... Quando gli chiedo come passa il tempo, mi risponde che mangia, cammina, dorme, legge e fa i calcoli. E’ un bimbo attivo, sportivo: ogni tanto ci manda video dove fa il salto mortale. Ha detto che ha voglia di sole".

Ai due coniugi pratesi ora non resta che aspettare: "Fino a quando non sarà completato anche l’ultimo passaggio non abbiamo alcun diritto legale sul bambino. Quello che ci dà speranza è che nonostante la guerra le cose non si sono fermate: il Ministero della famiglia sta lavorando, alcuni giudici operano da remoto. Il nostro avvocato, che è di Odessa, prima si è rifugiata in Moldavia e ora è a Cracovia e da lì continua a seguire la nostra pratica. Purtroppo non è nemmeno possibile, per ora, chiedere un affido temporaneo umanitario. Non ci resta che aspettare".

Maristella Carbonin