
Rebel JJ Rousers
Firenze, 1 febbraio 2018 - "No, guarda. Davanti alla televisione il meno possibile mica ci si può abbrutire, eh. Allora dopo cinquant’anni che non si cantava più insieme, abbiamo pensato di riprovarci. E sta andando alla grande". Ride fragorosamente Oscar Gazzarrini un vocione roboante – evidentemente abituato ad acuti baritonali – leader del mitico quintetto Rebel JJ Rousers, formato solo da eleganti signori over 70. Cinque uomini per un gruppo in giacca foulard e cravatta. Nella vita di tutti giorni sono professionisti con curriculum lunghi così. Ma Gazzarrini è l’anima, il motore e la macchina di questo quintetto che non ti aspetti e che fa pure piccoli tour ragionati, senza stancarsi più di tanto.
Urologo e professore che esercita ancora in famose cliniche private, da sempre ha come pallino la musica. Perché essere Rebel JJ Rusers non è uno scherzo. Ma un decalogo di buone pratiche per invecchiare sani.
Gazzarrini, quando è nata la vostra band?
«La prima formazione è degli anni ’60, grosso modo, se non mi ricordo male. Poi abbiamo deciso di riprendere a cantare insieme circa sette anni fa».
Cosa proponete in scena?
«Di sicuro la cosa più bella che si possa immaginare e ascoltare: la musica americana classica, da Gershwin a Porter, ma anche quella italiana di un certo periodo e il Gospel. Cantiamo in coro, facciamo controcanti. Non è da tutti, diciamolo. In un certo senso siamo unici».
Ci parli dei suoi colleghi.
«Dunque, sì, giustamente: il Quintetto Rebel JJ Rousers è formato da Nando Albini 75 anni, famoso spedizioniere dell'Albini e Pitigliani di Prato. Poi ci sono Paolo Maranghi di Prato, che è radiologo ed ha 76 anni; Alberto Ferrarese pubblicitario di 77 anni; un industriale famoso per le camicie come Pierluigi Lapi, di 78 anni e io, della stessa età».
Vi divertirete da matti.
«Tantissimo. Ma è un bell’impegno perchè tutte le settimane facciamo le prove a casa di Nando Albini a Poggio a Caiano. Oh, piovono richieste da ogni parte. Alla Befana abbiamo cantato nella villa dell’antiquario Giovanni Pratesi che è un nostro fan, qualche giorno fa, invece, al Golf dell’Ugolino. Ora ci sono richieste di vere tournée nei teatri toscani: ci vogliono a San Casciano, a Prato e a Fucecchio. E il 9 febbrario saremo a Firenze, al teatro Affratellamento».
Stanchezza e autografi...
«Beh un po’ sì. Cerchiamo comunque di esibirci il pomeriggio così ci pare meglio. La cosa più bella è comunque questo sentimento di stupore che ci coglie quando all’improvviso sul palco diventiamo ciò che credevamo non saremmo diventati mai. Rappresentanti di un’età sconfinata e astratta, che adesso che siamo noi che ce l’abbiamo, ci chiediamo come sia possibile».
Un invito a non accettare di essere chiamati vecchi?
«Ma chi sono i vecchi oggi? Io credo che non esistano più. O almeno che lo siano solo anagraficamente, e anche qui ci sarebbe da dire. Caso mai ci sono adulti attivi e adolescenti passivi. Ecco: noi siamo adulti attivi».
Tournée e concerti: costa caro il vostro cachet?
«Prendiamo quanto ci offrono: diciamo che i soldi non ci interessano, ma vanno pagati i fonici che sistemano i microfoni e le casse. Con trecento euro si può andare in scena. E se qualcuno vuole, firmiamo pure autografi».