GIULIO ARONICA
Cultura e spettacoli

I volti di un secolo: Paul Newman, Peter Sellers e Jack Lemmon al Cinema La Compagnia

Nell'ambito della programmazione estiva, la rassegna Compagnia Cult celebra tre attori iconici del Novecento, con quarantadue proiezioni in lingua originale tra giugno e luglio che invitano gli spettatori a riscoprire le loro interpretazioni più memorabili.

Paul Newman, Peter Sellers e Jack Lemmon al Cinema La Compagnia

Paul Newman, Peter Sellers e Jack Lemmon al Cinema La Compagnia

Firenze, 22 maggio 2025 – I figli del secolo. Paul Newman, Peter Sellers e Jack Lemmon. Tre icone immortali della Hollywood che fu. Già, ma non c'è solo questo a tenerli insieme. Nati tutti nel 1925, hanno vinto un numero sconfinato di premi - Paul Newman tre Oscar, sette Golden Globe, un Emmy Award, una Palma d'Oro e un Orso d'Argento; Peter Sellers un Golden Globe e un BAFTA; Jack Lemmon due Oscar, cinque Golden Globe, due Palme d'Oro, due Coppe Volpi e un Orso d'Argento - condividendo la propensione naturale a reinventarsi: camaleonti della scena, il loro talento poliedrico e multiforme li ha spinti verso ruoli comici e drammatici, leggeri e malinconici, lungo quel crinale sottile che separa il sorriso dalla sconfitta, il romanticismo dal disincanto. 

Non è semplice ricostruire in poche parole e immagini carriere dipanatesi attraverso mezzo secolo di cinema, ma la rassegna "Compagnia Cult" ci prova comunque, con quarantadue proiezioni in due mesi che invitano il pubblico a riscoprire le loro interpretazioni più memorabili: e non c'è niente di meglio che iniziare il nostro viaggio insieme al leggendario Blake Edwards, il regista che rese immortale Peter Sellers nel ruolo dell'attore indiano smarrito e pasticcione Hrundi V. Bakshi, protagonista di "Hollywood Party", e poi per cinque volte nel personaggio dell'Ispettore Clouseau, imbranato e geniale.

Parodico e trasformista, Sellers è riuscito ad essere contemporaneamente tenero e dissacrante: dalla farsa cappa e spada di Richard Quine "Il prigioniero di Zenda", dove interpreta tre maschere diverse, all'omaggio irriverente a Charlie Chan nel giallo firmato da Neil Simon "Invito a cena con delitto", fino all'indimenticabile Chance il giardiniere, proiettato come un alieno nel cuore dell'elite americana nello struggente "Oltre il giardino" di Hal Ashby.

E a proposito di sodalizi fortunati, non possiamo non parlare di quello tra Jack Lemmon e Billy Wilder : dopo "A qualcuno piace caldo", capolavoro di travestimenti, ritmo impeccabile e sottili ambiguità di genere, ecco la fiaba urbana "Irma la dolce", con Shirley MacLaine, e la satira frenetica sulla stampa "Prima pagina", terza collaborazione tra l'attore e Walter Matthau dopo "Non per soldi, ma per denaro" e "La strana coppia", campione d'incassi. Ma Lemmon è stato anche un personaggio tragicamente umano e intenso, stritolato dall'alcol e da logiche di potere, come nel thriller ecologista e fantapolitico "Sindrome cinese" e nel dramma lancinante "I giorni del vino e delle rose", ancora una volta diretto da Blake Edwards. 

Giovane e affascinante, irrequieto e arrogante, Paul Newman è stato al cinema un uomo alla ricerca permanente di gloria e redenzione: meno maledetto di Marlon Brando, ma fragile e magnetico quanto basta, venne consacrato ad Hollywood da Eddie Felson, il giocatore di biliardo umiliato e offeso del cupissimo "Lo Spaccone", girato da Robert Rossen; icona del dolore e della vulnerabilità come dell'ironia e del riscatto, Newman è stato Rocky Graziano, il pugile segnato da un passato difficile di "Lassù qualcuno mi ama" di Robert Wise, Brick, ex atleta annegato tra alcol, rimpianti e conflitti con la moglie nell'adattamento della pièce di Tennessee Williams "La gatta sul tetto che scotta", e Ben Quick, il vagabondo ambizioso e misterioso che irrompe nella vita di una famiglia benestante nel melodramma sudista "La lunga estate calda", ispirato a Faulkner. 

E siccome è superfluo ricordare il suo legame personale e professionale con Robert Redford, la Compagnia sposta le lancette più avanti con due film della senilità: "Mr Hula Hoop" dei fratelli Coen, dove è il dirigente cinico e spietato di una grande compagnia, e "Il colore dei soldi" di Martin Scorsese, in cui a distanza di venticinque anni riprende il personaggio di Felson, ormai stanco e disilluso: un film sul tempo, il talento e la solitudine quasi autobiografico, che gli valse il primo Oscar come miglior attore, appena un anno dopo aver ricevuto il premio alla carriera. Non andò a ritirarlo per protesta, ma ancora oggi detiene quel singolare primato con Ennio Morricone, Charlie Chaplin, Henry Fonda, Spike Lee e Laurence Olivier: tutto sommato, una bella compagnia.