"Il reato di omicidio stradale ha dato buoni risultati. Ma non è sufficiente"

Un bilancio spaventoso: sei vittime in due fine settimana

Stefano Guarnieri in occasione della corsa podistica “Jobbando run con Lorenzo“

Stefano Guarnieri in occasione della corsa podistica “Jobbando run con Lorenzo“

Firenze, 30 maggio 2023 - Dopo un weekend di sangue, che ha registrato 30 morti sulle strade italiane, non si può che tornare a riflettere sulla sicurezza stradale. La stessa che vede da anni le famiglie delle vittime impegnate a educare, sensibilizzare, chiedere un quadro normativo adatto. Fra loro, Stefano Guarnieri, padre di Lorenzo, ucciso a 17 anni in un incidente e ricordato dall’associazione nata a suo nome nel 2010, con l’obiettivo di scongiurare tragedie simili.

Si piangono ancora morti sulle strade. E in alcuni casi si parla di comportamenti a rischio, dalla velocità eccessiva all’assenza di patente o assicurazione. cosa sta succedendo?

"Sulle assicurazioni i dati sono stabili da anni, con un 6% di persone che circolano senza averla. Questo comportamento genera un problema economico ed è un malcostume da combattere, ma non rende più probabili gli incidenti. Cosa diversa per l’assenza di patente che significa non essere in grado di guidare o aver già avuto comportamenti non idonei. Qui il rischio sale".

Gli appelli alla guida sicura non sono stati recepiti?

"Si investe troppo poco in educazione e cultura della strada. Come associazioni facciamo qualcosa, ma siamo piccoli e non riusciamo a coprire tutte le scuole. L’educazione stradale andrebbe resa obbligatoria nel percorso scolastico di tutti gli ordini e gradi, ma questo richiede un investimento dello Stato per inserirla nei Pof, i piani dell’offerta formativa. I ragazzi sono molto sensibili e ricettivi, ma vengono bombardati da messaggi contrastanti, alcuni dei quali esaltano la velocità e il consumo di alcol. Occorrerebbe più costanza e coerenza da parte degli adulti".

Servirebbe anche un intervento legislativo?

"L’educazione stradale è già stata inserita nell’educazione civica. Solo che non è obbligatoria e i docenti, non essendo formati ad hoc, spesso preferiscono fare altro. Manca quindi solo l’obbligo di trattare il tema, insieme a fondi mirati".

E sul fronte della repressione a che punto siamo?

"La legge sull’omicidio stradale, che abbiamo voluto con forza e che è arrivata nel 2016, è fondamentale. E qualche risultato importante c’è stato: in Italia le vittime di incidenti si sono ridotte del 30% negli ultimi dieci anni. A Firenze, siamo al -60%. Dobbiamo però arrivare a zero, obiettivo centrato da diverse grandi città del Nord Europa, come Oslo. In Italia invece, dopo il Covid, c’è stato un aumento degli incidenti, dovuto alla maggior voglia di muoversi ma anche agli smartphone sempre più usati in auto per vedere video e svolgere azioni incompatibili con la guida".

I controlli servono?

"Sì, ma sono pochi. Secondo i dati 2021, in Italia ogni patentato viene controllato in media una volta ogni 31 anni. In Svezia ogni 5, in Francia e in Spagna ogni 4, in Austria 3. Da noi, praticamente, le sanzioni e i provvedimenti per guida in stato di ebbrezza o sotto effetto di droghe scattano solo in caso di incidente. Ovvero quando ormai è troppo tardi".