Pizzeria con cimeli fascisti, il sindaco: "Non ho gli strumenti per chiuderla"

Camaiore, in un lungo post il sindaco Del Dotto torna sul locale che, presente da anni in città, ha suscitato polemiche dopo alcuni articoli che hanno riportato a galla il caso

Elio D'Alessandro, titolare della pizzeria "Il Mulino"

Elio D'Alessandro, titolare della pizzeria "Il Mulino"

Camaiore (Lucca), 21 ottobre 2021 - "Chiudere la pizzeria con simboli fascisti? Per quanto io sia iscritto all'analisi antifascista e ripudi le atrocità del Ventennio, un sindaco non ha gli strumenti per chiudere le saracinesche di un locale". Ruota attorno a questo concetto il lungo post su Facebook del sindaco di Camaiore Alessandro Del Dotto.

Che torna su un caso che ha suscitato polemiche in tutta Italia. La pizzeria "Il Mulino" c'è da anni a Camaiore, ma alcuni articoli e il rilancio su varie pagine Facebook del caso hanno fatto tornare a galla il caso: quel locale trabocca di cimeli di epoca fascista, ritratti di Mussolini, divise militari del tempo. Il tutto accompagnato da motti e frasi del Ventennio. Una situazione raccontata da Next Quotidiano in un articolo poi rilanciato anche da Prossima, rete politico culturale vicina al Pd. 

Alessandro Del Dotto

"Partiamo da una premessa - dice il sindaco - l’antifascismo, inteso come scelta storica, culturale e sociale di antitesi e reazione all’epoca del ventennio e di difesa di valori democratici e fondamentali dell’umanità, è e resta un elemento fondante sia della storia democratica del Paese e anche di Camaiore, che di quell’epoca". 

Il primo cittadino ricorda come siano "migliaia, in tutta Italia, le attività che in modo più o meno esplicito si contraddistinguono per la commercializzazione di oggetti o ambienti di evocazione nostalgica. Il tutti sotto il cappello di un ordinamento che reprime la riorganizzazione dei fasci (disposizioni transitorie e legge Scelba) ma lo fa riferendosi alla società dei primi anni ‘50, lontana anni luce dalla realtà dei mercati, dei social e dei leoni da tastiera, così lasciando maglie larghe fra le quali passano senza censura situazioni come quelle che si leggono".

Il primo cittadino spiega come lui, nella veste delle sue funzioni, non abbia troppo potere per impedire l'esistenza di certi locali. "Non esiste alcun potere di ordinanza e chiusura a disposizione dei sindaci; non c’è alcuna specifica attribuzione repressiva, se non quelle - troppo generiche e poco attinenti - della Legge 645/1952 che parlano di organi del Ministero e di autorità giudiziarie. E sinora, l’unico modo civile e democratico di manifestare dissenso da parte della gente è stato non dare pubblicità ed evidenza a questo locale, come fa anche la mia famiglia".

"Non fate ulteriore pubblicità a quella pizzeria", sono dunque le parole del sindaco. "Nutro adesso il fondato timore che - al solito - tutta questa visibilità dia vita a una inaccettabile meta nazionale di pellegrinaggi fascisti da tavola, sgraditi e degradanti, nella solita dinamica - tutta virtuale - che rischia di incentivare l’idea per cui chiudere quella pizzeria significhi aver vinto una battaglia che invece è culturale e che è molto più alta".

Ma il dibattito sull'opportunità o meno che la pizzeria resti aperta prosegue. "È il momento che il Governo intervenga per fornire strumenti adeguati e permettere che episodi di questo tipo inizino a non ripetersi più", dice Gabriele Baldaccini di Sinistra Italiana Camaiore.

Intanto i titolari interventono sulle polemiche. Elio D’Alessandro, 61 anni, insieme alla moglie Sabrina, hanno cominciato a ricevere messaggi e telefonate con minacce di morte e intimidazioni del tipo “daremo fuoco alla pizzeria“. E così si sono rivolti ai carabinieri. «Abbiamo paura - racconta la moglie - i commenti sui social minacciano atti contro di noi e il nostro locale».