REDAZIONE CRONACA

Pappardelle al cinghiale al top: la classifica internazionale le incorona

La graduatoria stilata dalla guida online TasteAtlas

Le pappardelle al cinghiale, amatissime anche a livello internazionale

Firenze, 3 settembre 2023 – Le pappardelle al cinghiale sono il piatto di pasta più amato al mondo. E’ quanto emerge dalla recente classifica stilata dalla guida online TasteAtlas, punto di riferimento in fatto di cibo proveniente da tutto il mondo.

La graduatoria si basa su una votazione terminata lo scorso 27 agosto e prende in considerazione i piatti di pasta. Ovviamente l’Italia domina la top ten, dove si registra solo una piccola intrusione greca (il giouvetsi, un timballo di pasta a base di pollo, agnello o manzo). In classifica è un trionfo di prelibatezze.

Si va dai ravioli ai bigoli con l’anatra, dalla pasta alla gricia alle linguine allo scoglio, passando per le lasagne. Al terzo posto della graduatoria si trovano le tagliatelle al ragù alla bolognese mentre al secondo ci sono i seguenti ingredienti: guanciale, pecorino romano, pepe e uova. Ovvero la carbonara perfetta.

La medaglia d’oro, invece, va a un piatto tipico della cucina toscana: le pappardelle al cinghiale. Un primo dal sapore forte, deciso, perfetto per una serata d'inverno in compagnia di un ottimo vino rosso. Le pappardelle sono un formato di pasta all'uovo del tutto simile alle tagliatelle ma di larghezza decisamente superiore. Il termine “pappardella” deriva dal verbo in dialetto toscano “pappare”, ossia mangiare. Sono un piatto tipico con una lunga storia alle spalle.

Questa versione più larga delle tagliatelle veniva mangiata nella Toscana orientale già nel tardo medioevo. Boccaccio le nomina nel “Decameron”, parlando del Paese di Bengodi dove le cuocevano “in brodo di capponi, e poi gli gittavan quindi giù, e chi più ne pigliava più se n’aveva; e ivi presso correva un fiumicel di vernaccia”. E successivamente nell'opera tarda “Il Corbaccio” fatte con il formaggio. In epoca rinascimentale vengono citate da Pier Aretino. Il nome si è poi imposto su formati di pasta simili in tutto il centro-nord, con la diffusione del volgare toscano come si evince da molti trattati della metà del millennio passato.

Nel XVI secolo il cuoco di alto rango Domenico Romoli, detto il “Panunto” e conosciuto per il ricettario “La singolare dottrina”, le descrive come lasagne sottili delicate e morbide e inserisce la minestra di pappardelle alla fiorentina nei menù riservati alle corti cardinalizie della Roma di quell'epoca. Già nell'ottocentesco “Dizionario Italiano” di Niccoló Tommaseo, “pappardelle” viene riconosciuto come termine della lingua italiana; qui vengono definite come un tipo di lasagne da cuocere in brodo, o con la carne battuta, o con la lepre.