CARLO BARONI
Cronaca

Monte Serra, il presunto piromane fornì un identikit: "Ho notato un uomo sospetto"

Giacomo Franceschi si trova agli arresti domiciliari col braccialetto elettronico

Giacomo Franceschi

Pisa, 12 ottobre 20019 - Una frase «Vedrai ch e ci riproveranno». Giacomo Franceschi, 38 anni, sotto processo a Pisa, come presunto piromane della devastazione del 24 settembre 2018, lo disse ad un carabiniere in occasione del primo incendio sul Serra, nel drammatico settembre di fuoco e lacrime di un anno fa. Era, in quel caso, il rogo del 15 settembre e Franceschi – ieri in aula, e da poche ore a casa con braccialetto elettronico dopo quasi un anno di carcere – fornì anche una descrizione di un presunto sospetto: un soggetto a bordo di uno scooter rosso, in località Le Croci, con pantaloni verdi e maglietta mimetica, e l’incendio era partito proprio da dove era seduto quell’uomo. Di questa sua dichiarazione resa al militare Franceschi conservava un appunto nel portafoglio che gli inquirenti trovarono in occasione della perquisizione personale del 38enne difeso dal penalista Mario De Giorgio. L’istruttoria dibattimentale del pubblico ministero Flavia Alemi è entrata nel vivo con la ricostruzione della complessa attività d’indagine del nucleo investigativo dei carabinieri.

Ma prima dei testimoni l’accusa ha depositato – la difesa, tuttavia si è riservata fino alla prossima udienza – un’ampia documentazione, dal porto d’armi, a ricette mediche e visite specialistiche nelle quali mai si farebbe riferimento a malattie nervose dell’imputato, utilizzo di relativi farmaci o approfondimenti specialistici di natura psichiatrica da parte dell’uomo ritenuto responsabile del fuoco che divorò quasi 1200 ettari di bosco per un danno di circa 15 milioni di euro. Un incendio del quale Franceschi, una volta che il cerchio delle indagini fu stretto attorno a lui, rese dichiarazioni auto accusatorie – davanti alla polizia giudiziaria e al pubblico ministero – interamente ritrattate davanti il giudice. Telecamere, intercettazioni telefoniche e ambientali, e localizzazione dei suoi spostamenti tramite google maps sono il caposaldo dell’impianto accusatorio. Nel quale gli orari sarebbero determinati. Alle 21,21 del 24 settembre – è stato riferito dagli inquirenti – Franceschi entra nell’applicazione dei vigili del fuoco che consente di vedere se ci sono interventi in corso nelle vicinanze; alle 21,25 fa un giro perlustrativo e alle 22 si ricollega all’applicazione e ancora non c’è allerta. La prima la darà lui, volontario antincendio, con una telefonata al presidente del gruppo di cui fa parte che alle 22,10 darà l’allerta ufficiale. Secondo le risultanze dell’attività investigativa alle 21,50 era visibile solo un piccolo focolaio. Anche i soliloqui in macchina di Franceschi – quelli in cui recita l’atto di dolore – sono entrati nel dibattimento, perché interpretati, per le condizioni temporali in cui è stato sentito, come un atto collegato al disastro che era accaduto. E secondo gli inquirenti non era un tratto distintivo della sua religiosità perché nelle intercettazioni avrebbero sentito anche «commenti di dileggio di immagini religiose».

Per arrivare a Franceschi gli approfondimenti, da quanto riferito, sono sono partiti anche dall’esclusione di altri potenziali sospettati, uno anche con precedenti, che per circo stanze familiari quella sera era in zona. Ma quale prima intuizione portò i carabinieri al 38enne? Senza lavoro, incensurato, attivissimo nell’antincendio, che dal primo luglio al 30 settembre del 2018 aveva fatto solo quattro giorni di assenza. Franceschi fu all’opera, appunto, anche nell’incendio di dieci giorni prima e quel giorno pronunciò la frase al carabiniere che si sarebbe in qualche modo rivelata profetica.

«Tutti gli accertamenti fatti confermano le dichiarazioni spontanee rese da Franceschi», secondo gli inquirenti che quando lo sentirono si trovarono davanti una persona che, hanno riferito, rimase tranquilla, non chiese mai di assumere medicinali e non mostrò segni di panico. Basta tutto questo a farne il piromane del Serra? La difesa, anche da contro esame, presenta tutta un’altra lettura di orari e spostamenti con cui la Procura spiega la devastazione che, dalle indagini, sulle cause, è escluso che sia partito da una cicca (studi dimostrerebbero che quella sera non c’erano le condizioni di tempo) o da piccoli abbruciamenti dimenticati. Ma da un congegno a tempo sì: uno zampirone corredato da fiammiferi, che può restare silente anche cinque ore prima si sviluppare la fiamma. Consentendo al suo artificere di allontanarsi con ampio anticipo.