
eolico
Arezzo, 21 luglio 2025 – Lettera aperta: Badia del Vento, il giorno in cui la transizione ecologica ha perso
l'anima
di Manlio Benzi, direttore d'orchestra
Mercoledì 9 luglio è stato definitivamente approvato dalla Regione Toscana il progetto di impianto
eolico “Badia del Vento”, nel comune di Badia Tedalda (AR). L'impianto, costituito da sette pallide
alte 180 metri, correrà lungo il crinale che separa la Toscana dall'Emilia-Romagna, regione che ne
subirà le maggiori e più gravi conseguenze in termini paesaggistici, naturalistici, geologici e storici.
Siamo nel cuore dell'Alta Val Marecchia, nello splendido territorio del Montefeltro.
Al progetto si sono sempre dichiarate contrarie tutte le Soprintendenze coinvolte, la Regione
Marche, la Regione Emilia-Romagna ei loro comuni, che ora sembrano intenzionati a presentare
ricorso al TAR. L'iniziativa rischia di diventare la testa di ponte per decine di progetti eolici nella
stessa area di confine (oltre sessanta mega-pale), che nel loro complesso ricalcano e amplificano il
vecchio progetto “Poggio Tre Vescovi”, già discusso a lungo e bocciato nel 2017 dal governo
nazionale per manifesta incompatibilità rispetto alle caratteristiche del territorio.
Finisce così un'odissea durata anni, fatta di discussioni, valutazioni, prese di posizione. Sono
intervenuto a più riprese sull'argomento, denunciando il pericolo di uno stravolgimento irreversibile
di un territorio di inestimabile valore. Non tornerò su quei punti, già evidenziati con forza da me e
da tantissimi altri che si sono battuti con passione, competenza e assoluta gratuità per la difesa di
quei valori.
Voglio qui, pur con pochissime speranze di essere ascoltato, rivolgere un preoccupato appello a chi
dell'ecologia ha fatto un manifesto politico: al Partito Democratico, in particolare, all'interno del
quale si sta consumando tutta questa partita tra le Regioni Toscana ed Emilia-Romagna.
Da questa vicenda ne escono certamente sconfitte le associazioni che si sono impegnate a
distinguendo ecologia da speculazione, le giovani generazioni che cresceranno in un territorio sempre
più impoverito di natura, storia e cultura, e quegli amministratori — come il sindaco di Casteldelci
(RN) — che con coraggio cercavano di coniugare tutela ambientale e rilancio economico. Mamma
soprattutto, e paradossalmente, la vera sconfitta è la cosiddetta “transizione ecologica”.
Potrebbe essere l'occasione giusta per ribaltare il paradigma: fare economia con passo lento e onesto,
con al centro il bene pubblico da lasciare in eredità. È stato invece l'ennesimo trionfo di una politica
arrogante e cialtrona. Per giustificare ogni coraggioso si ai progetti proposti, racconteranno, con
voce sempre più artefatta e retorica, del cambiamento climatico, della calura che ci attanaglia, del
tempo che non c'è più, evitando però di sottolineare che i morti, gli sfollati e le vittime di una
natura ferita dall'avidità umana (cosa che nessuno nega!) sono prima di tutto vittime di una politica
malata. Una politica che, per impotenza, convenienza o ignoranza, si volta dall'altra parte, mentre
dietro le speculazioni rimangono solo macerie.
Il miraggio della transizione ecologica è finito nell'arroganza con cui la politica ha umiliato anni di
lavoro di chi ha raccolto dati scientifici, redatto rapporti, osservazioni avanzate. È finito nel silenzio
imposto alle istituzioni e alle Soprintendenze contrarie. È finito in un confronto fittizio, dove nulla è
cambiato davvero relativamente a un progetto che dovrebbe portare su un crinale oggi
raggiungibile solo con una mulattiera, funesta da frane, plinti in pezzi indivisibili, giudicati
inadatti al trasporto persino da Autostrade per l'Italia.
È finito nella decisione del presidente della Regione Toscana di abdicare al proprio ruolo, lasciando
tutto il fronte pubblico sulle spalle del sindaco di Badia Tedalda, che da anni frequenta il fiume di
denaro promesso dall'impianto eolico, con cui ha annunciato ogni genere di iniziativa: piscine,
restauri, case da regalare, strade e musei. Tutto questo, però, fuori dalla cornice della legislazione
vigente, confondendo — forse deliberatamente — le risorse pubbliche con quelle dei privati
proprietari dei terreni.
È semplicemente grottesco che, in un mondo che si sta armando fino ai denti, questa politica,
aggrappata alle tabelle di una balbettante Europa — usate come foglie di fico per coprire la
castrazione del più elementare buon senso — pretenda ancora di essere credibile nel ruolo di
salvezza del pianeta.
Sarebbe auspicabile che, nell'area progressista ed ecologista — e più specificamente nelle fila del
PD, che si dimostra incapace persino di governare con coerenza uno stesso monte, una stessa valle,
uno stesso fiume — si apra finalmente una riflessione seria. Una riflessione libera dagli slogan e
dall'asservimento alle lobby, per ripensare davvero cosa sia oggi, e soprattutto domani, una politica
ecologica orientata al bene comune.
È un buon auspicio, certo. Ma ancora di più una necessità, se si vuole fermare l'emorragia di milioni di
cittadini che hanno visto volare tramite l'anima del loro riferimento politico.