OLGA MUGNAINI
Cronaca

La solitudine del museo Pecci: "Tutte le sinergie sono le benvenute". Il nodo della presidenza

I licenziamenti e una crisi che durava da tempo: le soluzioni possibili- Prato e il sostegno di Firenze. Sgarbi: "Le due città non siano rivali"

Il sottosegretario Sgarbi auspica una strategia di ambito metropolitano

Firenze, 13 settembre 2023 – Il fatto di avere una governance in prorogatio dal 31 marzo scorso, certo non aiuta e forse la dice lunga sulla confusione o almeno sul disorientamento generale. Eppure il museo Pecci di Prato ha bisogno di decisioni rapide.

Il dibattito sul destino del centro d’arte contemporanea, che La Nazione ha avviato facendo parlare importanti interlocutori, ha gettato luce su una crisi che covava da troppo tempo.

Adesso pare che ne serva altro, perché prima di decidere se il presidente Lorenzo Bini Smaghi debba succedere se stesso alla guida del Cda del museo, si dovrà aspettare almeno un altro paio di passaggi istituzionali: prima con i sindacati per ricomporre la frattura del licenziamento in tronco a due dipendenti del museo. Dopo, il 21 settembre nell’incontro con la Regione e gli altri soci fondatori. A quel punto, sgombrato il campo dalle polemiche, il sindaco di Prato, Matteo Biffoni, scioglierà la riserva, visto che è lui a decidere sul presidente. Al momento è un “no comment“, anche se sembra si lavori per la conferma di Bini Smaghi.

"Per certi aspetti dico benvenuti a tutti i marziani che si accorgono del Pecci e dei suoi problemi - afferma Biffoni –. Io è dal 2014, da quando sono sindaco, che mi trovo a gestire licenziamenti e ristrutturazione aziendale del Pecci. Sul nuovo Cda decideremo quando quando si sarà sgombrato il tavolo dalle ultime polemiche e sparecchiato ogni turbamento".

Ancora una volta dovrà essere quindi il Comune di Prato a togliere le castagne dal fuoco, quale socio di maggioranza, oltre che il maggior sostenitore, con un milione e duecentomila di finanziamento all’anno, accanto ai 600mila della Regione e altrettanti più o meno dei soci privati. Che però non sono bastati a mandare i conti in rosso, con altrettanta bufera delle opposizioni. Ma ce la farà Prato da sola a dare nuovo vigore al Pecci? "Ben vengano tutte le forme di collaborazione e sinergia - continua Biffoni – e ringrazio anche il sindaco Dario Nardella per la disponibilità di Firenze. Del resto non c’è nessuna preoccupazione di ruoli, perché è una delibera della Regione a stabilire che l’arte contemporanea in Toscana si fa a Prato col centro Pecci". Senza rubare lo scettro e il primato a Prato, un quadro di riferimento lo ha comunque indicato anche il sottosegretario alla cultura Vittorio Sgarbi, che sottolinea la necessità di una visione e di una strategia di ambito metropolitano: "Chi viene da New York o da qualsiasi altra parte d’Italia o d’Europa per andare al Pecci non guarda ai dieci chilometri di distanza fra le due città – spiega –, ciò che conta sono i progetti. Del resto lo stesso Mart che dirigo, ha un acronimo che significa museo d’arte Rovereto e Trento. Le due realtà stanno benissimo insieme. Il Mart potrebbe essere un modello, un esempio per quello che dovrebbero fare Prato e Firenze".

Anche il governatore Giani in campo: "Come per il Teatro comunale di Firenze non ci dobbiamo mantenere in una dimensione di nicchia, solo di mostre di arte contemporanea, il Pecci è un luogo che deve vivere di eventi e iniziative" ha detto rispondendo ad un’interrogazione della Lega. "Ci auguriamo che la vicenda pratese non sia una deleteria fotocopia di quella relativa al Maggio Musicale fiorentino" sottolineano i consiglieri regionali leghisti Luciana Bartolini e Massimiliano Baldini.