LUIGI CAROPPO
Editoriale
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Arte, crisi e prospettive: se il radar Pecci è ormai spento

Una protesta davanti al Pecci (Foto Attalmi)
Una protesta davanti al Pecci (Foto Attalmi)

Firenze, 10 settembre 2023 – La Toscana è riuscita negli ultimi anni a far diventare gli Uffizi davvero diffusi, con mostre decentrate sul territorio e ritorni di opere d’arte a casa per distribuire la Grande Bellezza di uno dei musei più ammirati al mondo.

Ma non è riuscita, da decenni, a volgere lo sguardo a un’altra potenziale eccellenza, il museo d’arte contemporanea Pecci. E così la peculiarità pratese che mette insieme, come spesso avviene nella città del tessile, pubblico e privato, ha vissuto stagioni sempre più precarie.

Nonostante tutto, visto che il ’Pecci’ ha una struttura unica, entusiasmante solo a vederla (gli spazi sono stati raddoppiati dalla genialità di Maurice Nio che ha ampliato la sede museale ideata da Italo Gamberini); ha una collezione propria e ha nel dna la contemporaneità in tutte le sue forme d’arte.

Il nostro giornale, in queste settimane in cui si sono riaccesi i riflettori sul ’Pecci’ dopo i licenziamenti in tronco di due dipendenti, ha cercato di animare il confronto tra addetti ai lavori, politici, amministratori.

Bene, benissimo occuparsi della difesa dei posti di lavoro. Necessario e non più rimandabile occuparsi del destino del museo. Perché finora il ’Pecci’ non ha fatto breccia diventando un punto di riferimento? Perché non è mai stata realizzata una sinergia metropolitana con Firenze (eppure c’è il Museo Novecento)? Perché Palazzo Strozzi riesce a moltiplicare il pubblico e a Prato i visitatori quotidiani si contano su due mani? Perché le attività complementari non sono mai decollate? E ci sarebbero altri interrogativi su investimenti fatti, su manager e direttori che si sono succeduti fino ad oggi, su promesse e speranze vanificate.

L’antenna di Nio voleva rappresentare "sia uno stendardo, sia un radar sempre pronto a recepire nuovi movimenti e tendenze culturali" scrive il Centro Pecci sui suoi portali digitali. Insomma un simbolo. Ma quel radar adesso non dà segni di vita artistica e culturale.