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Arezzo, 12 settembre 2025 – La crisi della rete ospedaliera nell'Asl Sud Est, tra pronto soccorso al collasso e il fallimento del sistema di cure intermedie
Le osservazioni dell'Anaao: “Serve un gioco di squadra per offrire un servizio migliore e permettere alle nostre realtà di essere attrattive per i medici e qualitative per gli utenti”
L'organizzazione della rete ospedaliera ha un elevato peso sul disagio lavorativo dei professionisti, specie in tempi di forti carenze di organico su asset di rilievo come, ad esempio, i pronto soccorso e in un quadro generale di forte contrazione delle risorse. Questo in un quadro di performance sanitaria del sistema sanitario toscano tra le più elevate in Italia per le quali è determinante l'apporto in termini di impegno e abnegazione da parte degli operatori sanitari, peraltro tra i peggiori retribuiti del Paese.
Si pone quindi il problema di analizzare in maniera non pregiudiziale i dati, al fine di garantire da un lato sicurezza delle cure e parità di accesso ai cittadini, dall'altro una sostenibilità professionale. Quest'ultima è strettamente legata alla qualità dei servizi offerti, laddove il disagio lavorativo determini rischio clinico e abuso di medicina difensiva, quando non crollo dell'attrattività verso alcuni ospedali o per certe discipline. È quindi interesse dei cittadini che gli operatori sanitari siano messi nelle migliori condizioni per poter svolgere la loro missione al meglio. Le fonti utilizzate nella nostra indagine (relazione sanitaria annuale della Asl Toscana Sud Est, Ars Toscana, Agenas) ci dicono di pronto soccorso in difficoltà per numero di accessi soprattutto nei cinque principali ospedali dell'azienda, con un tasso di accessi inappropriati di quasi il 41% (la media regionale è del 36%, mentre quella nazionale è del 22%).
A fronte di questo, mancherebbero circa 32 medici al sistema dei pronto soccorso (calcolo proporzionale agli accessi nel 2024). L'iperafflusso, in gran parte dovuto allo scarso controllo della domanda di cura a livello territoriale, si scontra poi con l'incapacità del sistema di recuperare i pazienti che ne hanno bisogno, essendo i posti letto inferiori a quanto previsto di circa 180 per i ricoveri ordinari e 169 per la lungodegenza/post-acuzie. L'analisi dei tempi di degenza però ci racconta di una realtà nella quale più che i posti letto ordinari, manca una adeguata distribuzione di questi in modo da sostenere quelle realtà (prevalentemente gli ospedali maggiori) in cui è più spiccato il fenomeno del boarding (difficoltà nell'accesso ai ricoveri).
In ambito chirurgico poi, nonostante sia in corso una adeguata distribuzione nei presidi minori di attività chirurgica a basso tasso di complessità e non necessitante di ricovero, tale tendenza andrebbe ulteriormente potenziato al fine di alleggerire la catena di processi coinvolti nella gestione di pazienti complessi in sedi a basso case-mix. A proposito occorre ricordare che persino il Decreto ministeriale 70 del 2015, norma nazionale che informa l'organizzazione delle reti ospedaliere impone un alert sulle prestazioni di elevata complessità in sedi in cui ci sia una bassa esperienza, al fine di garantire la qualità delle cure per i cittadini.
Il quadro geografico inoltre non aiuta, essendo molti dei nostri ospedali in zona a bassa densità abitativa o disagiate, in cui i servizi, comunque organizzati, necessitando di personale non residente e per questo costretto al pendolarismo. In queste sedi è per questo sempre più difficile reclutare professionisti, specie in alcune specialistiche (emergenza-urgenza, cardiologia, radiologia, eccetera)
Per affrontare i problemi descritti non esiste una bacchetta magica. Dal nostro punto di vista va potenziata una cintura internistica nei piccoli ospedali, che funzioni da bacino di ricovero per in pazienti non acuti (in questo modo spesso più prossimi al loro domicilio). In questi presidi, inoltre, andrebbero garantiti servizi di chirurgia day/week Surgery, magari forniti da equipe che possano accedere agli ospedali maggiori per attività maggiormente complesse, al fine di garantire un adeguato training formativo. Il monte dell'ospedale va recuperata una funzione di filtro del territorio agendo sulle attività cliniche di medicina generale, magari riducendo su questi il peso burocratico amministrativo che oggi sono chiamati a gestire. Su tutto è necessario ripensare la rete sulla base anche degli sviluppi tecnologici che, in un contesto lavorativo caratterizzato dal pendolarismo esteso, possono favorire la telemedicina e il telelavoro, non inteso nel senso riduttivo di smart-working ma come vera e propria clinico-assistenziale.
"In questo senso, un'azienda territoriale come la nostra potrebbe essere un grande laboratorio per sviluppare modelli organizzativi nuovi, sempre nell'interesse primario di garantire la stessa qualità di cura a tutti i cittadini - osserva Francesco Carbone, segretario aziendale Anaao per l'Asl Toscana Sud Est -. A patto che si analizza la realtà senza vincoli di campanile, con obiettività e lungimiranza. Anche perché la sostenibilità economica del sistema è in crisi e aumentare le tasse più di così mi pare un percorso a questo punto iniquo per quelli che, al netto degli evasori, le tasse le pagano. Su questa strada l'Azienda troverà sempre nel nostro sindacato stimolo e collaborazione.”.