Operazioni anti-obesità, il chirurgo: “I rischi ci sono, come in tutti gli interventi complessi”

Se di obesità grave si muore nel 6% dei casi, la mortalità in seguito ad intervento chirurgico è bassissima, pari allo 0,04%. Ecco gli interventi possibili

Marcello Lucchese, presidente emerito della società italiana di chirurgia dell’obesità

Marcello Lucchese, presidente emerito della società italiana di chirurgia dell’obesità

Firenze, 30 aprile 2024 - “Come tutti gli interventi di una certa complessità, non sono esenti da rischi. Non parliamo infatti di chirurgia estetica ma di interventi su pazienti obesi, quindi gravemente malati. Sono persone delicate, compromesse dal punto di vista metabolico, cardiaco e respiratorio”. Marcello Lucchese, presidente emerito della società italiana di chirurgia dell’obesità, è stato primario fino allo scorso anno a Santa Maria Nuova, dove dirigeva la chirurgia generale, bariatrica e metabolica, e adesso lavora come libero professionista. Con lui parliamo degli interventi per guarire dall’obesità, alla luce dell’ultima drammatica vicenda che vede per protagonista un ventenne.

“I pazienti obesi - premette Lucchese, - purtroppo sono molto a rischio. Rispetto ad un normopeso hanno un’aspettativa di vita inferiore di 10-15 anni. Se di obesità grave si muore nel 6% dei casi, la mortalità in seguito ad intervento chirurgico è bassissima, pari allo 0,04%. Tutti i rischi vanno valutati dal team multidisciplinare che segue il paziente, che spesso ha complicanze in atto già molto gravi. Sono interventi per i quali c’è un consenso molto corposo. Noi chirurghi non siamo certo dei maghi…. Gli interventi hanno dei rischi e il paziente li conosce”. I principali? “Sanguinamento e cedimento della sutura. Si tratta dei rischi più grossi riguardanti gli interventi di chirurgia maggiore”, spiega Lucchese.

Per quanto riguarda gli interventi effettuati in caso di grave obesità, il chirurgo evidenzia che “si basano o su modificazioni dello stomaco oppure su modificazioni dello stomaco e dell’intestino”. Col bendaggio gastrico, “si inserisce una protesi in silicone, una sorta di ‘cinturino d’orologio intorno allo stomaco’, che agisce come effetto clessidra e porta il paziente a saziarsi facilmente”.

Con la sleeve gastrectomy, invece, “si asportano due terzi dello stomaco”. È questo l’intervento più fatto nel mondo, mentre il primo ha perso un po’ di appeal dato che “è un intervento che lascia il risultato totalmente in mano al paziente e prevede un percorso più complesso”.

Ci sono poi i bypass gastrici. In questo caso, spiega Lucchese, “lo stomaco viene diviso in due parti: una più grande e una più piccola, che viene poi collegata ad un tratto d’intestino”. In questo caso, “si riduce l’alimentazione e pure l’assorbimento del cibo”.

“Sono tutti interventi per obesità grave - rimarca il chirurgo -. Il team multidisciplinare segue il paziente nella fase preparatoria e post operatoria. Chi si sottopone a simili interventi viene poi periodicamente seguito per molti anni, anche per tutta la vita. Questi interventi, per guarire dall’obesità, sono a carico del sistema sanitario nazionale, proprio perchè servono a migliorare le condizioni cliniche dei pazienti. E sono risolutivi se la persona è ben istruita e fa i controlli periodici. Certo, ribadisco, purtroppo dei rischi ci sono sempre”.