Incidenti in cava: “Colpa dei lavoratori deficienti”. La sorella di una vittima: “Un pugno nello stomaco”

La rabbia di Sceila, sorella dell’operaio morto nell’85 sotto un blocco di marmo: "Complimenti per la sua grande sensibilità, empatia e riconoscenza"

Riccardo Troian aveva appena 17 anni quando morì schiacciato da un blocco di marmo in una cava a Carrara

Riccardo Troian aveva appena 17 anni quando morì schiacciato da un blocco di marmo in una cava a Carrara

Carrara, 23 aprile 2024 – Aveva poco più di diciassette anni quando la sua vita venne bruscamente interrotta, schiacciata sotto un blocco di marmo: oltre duecento tonnellate di “oro bianco” che scrissero fine sul suo futuro. Morì così Riccardo Troian quel terribile 13 febbraio del 1985. Morì mentre aiutava a movimentare quel grande blocco in una segheria di Carrara. Trentanove anni dopo le parole dell’imprenditore del marmo Alberto Franchi, catturate ‘fuori onda’ dalla troupe del programma di Rai 3 Report, per la sorella Sceila sono state un pugno nello stomaco.

"Qua si fanno male perché sono deficienti, gli incidenti che ci sono stati negli ultimi dieci anni, mi dispiace dirlo, ma purtroppo è colpa dell’operaio" dice in quel ‘fuori onda’ Franchi, presidente e amministratore delegato della Franchi Umberto Marmi di Carrara, azienda quotata in borsa che fattura 76 milioni di euro all’anno. Una frase che ha suscitato l’indignazione dell’intera città e in particolare dei famigliari dei morti sul lavoro, siano avvenute in cava o in una segheria. Un lavoro, quello legato al marmo, che continua a mietere vittime e che dal 1950 al 1999 ha strappato la vita a 171 lavoratori, tra cui Riccardo.

Sceila cosa ha pensato appena ha sentito quello parole?

"Ecco uno dei tanti deficienti secondo le dichiarazioni del signor Alberto Franchi alla trasmissione Report, che ha perso la vita perché secondo lui era un deficiente".

Cosa vorrebbe dire a Franchi?

"A lui faccio i miei più sentiti complimenti, soprattutto per la sua grande sensibilità, empatia e riconoscenza". Una frase infelice di Franchi che sta alimentando l’indignazione di un’intera città, a cominciare da quella della sindaca Serena Arrighi e dei sindacati, che si stanno organizzando per uno sciopero protesta in programma per domani proprio davanti alla sede della Franchi Umberto Marmi.

Sceila, come si sente adesso? "Quelle parole sono state un pugno allo stomaco, mi hanno ferita profondamente e come se Riccardo fosse morto una seconda volta. Nessun rispetto per chi non c’è più e per chi piange i propri morti".

Come mai suo fratello ha iniziato a lavorare così giovane?

"Mio fratello era un ragazzo molto intelligente, avrebbe voluto studiare, ma purtroppo mio padre si ammalò e lui, per mantenere me, la mia sorellina Elisabetta che allora aveva appena cinque anni e mia madre, andò a lavorare. La sua mansione era di occuparsi delle marmette, ma quel giorno gli fu cambiato compito e morì sotto un blocco di marmo. La mattina della tragedia stava aiutando i colleghi a movimentare con una gru un informe, cioè un blocco irregolare".

Insomma frasi che hanno riportato a galla il dramma di un’intera famiglia, che in tutti questi anni ha provato in tutti i modi a convivere con il dolore della perdita di un figlio e di un fratello giovanissimo. "Dire che i cavatori si fanno male perché sono deficienti – conclude Sceila – è un’offesa verso tutti coloro che hanno perso la vita sul lavoro e verso tutti i loro familiari".

"Si può dire che ogni famiglia del paese, ma da secoli – dice Renzo Gemignani di Miseglia al giornalista di Report, mostrando l’ultimo monumento a due vittime del lavoro – ha un morto in famiglia".