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Gli specialisti nelle case della salute: "Una partita dura ma da vincere"

di Ilaria Ulivelli FIRENZE Dottor Grifoni, da dove parte la vostra proposta per rafforzare la sanità toscana? "Dalla fragilità. Non solo cronicità, ma...

di Ilaria Ulivelli

FIRENZE

Dottor Grifoni, da dove parte la vostra proposta per rafforzare la sanità toscana?

"Dalla fragilità. Non solo cronicità, ma anche solitudine, decadimento cognitivo, povertà sanitaria. E dal bisogno di rimettere al centro gli operatori, i medici, gli infermieri. Il Governo clinico lavora per costruire modelli che rispondano a questi bisogni, coinvolgendo anche medicina veterinaria e terzo settore".

Come cambia la presa in carico nel vostro modello?

"Vogliamo prevenire le riacutizzazioni. Prendiamo lo scompenso cardiaco: se gestito bene sul territorio, abbatte i ricoveri. Così si può fare per tutte le patologie croniche. Il progetto con l’Ordine dei Medici di Firenze va in questa direzione. Ma serve un’organizzazione solida, che metta insieme competenze ospedaliere e territoriali".

Le case della comunità possono fare la differenza?

"Sì, ma solo se diventano presìdi ad alta complessità, capaci di intervenire davvero. Per questo stiamo cercando di portare dentro gli specialisti ospedalieri. È lì che si può decidere, agire, evitare rimpalli. Il paziente deve trovare risposte, non ostacoli".

Crede davvero che gli specialisti ci andranno?

"Se il progetto è serio, sì. Ma servono condizioni chiare, modelli integrati, strutture attrezzate. Altrimenti resteranno scatole vuote".

E i Pir, i punti di intervento rapido che dovevano alleggerire i pronto soccorso?

"L’idea è valida, ma sono stati messi nei posti sbagliati. Vanno inseriti nelle case della comunità, non fuori dai pronto soccorso, altrimenti non riusciremo mai ad abbattere il tasso di accesso di codici minori".

C’è chi arriva in ospedale per solitudine, perché non sa a chi rivolgersi. Come si intercetta prima?

"Servono riferimenti noti, vicini. Se le case della comunità diventano presìdi riconosciuti, possono evitare molti accessi inappropriati. Ma bisogna anche raccontarle bene, farle conoscere, oltre che riempirle di personale e di attrezzature all’avanguardia".

Avete coinvolto tantissime associazioni di pazienti...

"Perché se non si ascolta chi vive ogni giorno la malattia, si rischia di costruire soluzioni astratte. Parkinson, Alzheimer, demenze: stiamo raccogliendo la voce dei pazienti per orientare davvero le scelte".

Ha parlato anche di animali e salute...

"Per molti anziani soli, un animale è l’unico legame affettivo. Se si ammala, loro si sentono perduti. E non possono permettersi le cure veterinarie. Anche questo è prendersi cura della fragilità. Dare la possibilità a queste persone di far curare i loro unici veri amici".

E l’odontoiatria?

"Un altro nodo critico. Una protesi nel sistema pubblico costa 500 euro. Ma se un anziano non mastica, si ammala. E questo diventa un problema sanitario, non solo personale. Va affrontato".

Quindi?

"Non ci aspettiamo miracoli. Ma se non proviamo a cambiare, falliamo comunque".