ILARIA ULIVELLI
Cronaca

Addio a Fabio Picchi, non solo chef. Simbolo della fiorentinità nel mondo

Eclettico e geniale: i ristoranti, il teatro con la moglie Maria Cassi, la divulgazione gastronomica in tv

Fabio Picchi

Fabio Picchi

Firenze, 26 febbraio 2022 - Aveva molti talenti, Fabio Picchi. Intelligenza e intuizione prima ancora dell’abilità ai fornelli dove da còco, come avrebbe detto lui alla fiorentina, o da chef, perché amava Parigi e ci aveva comprato una casina piccina picciò. Era il suo buen retiro per i pochi giorni di riposo con la moglie, l’attrice Maria Cassi. Se n’è andato senza preavviso, restando fino all’ultimo dietro il bancone, anche se sapeva che la malattia lo stava consumando: aveva 67 anni e ancora un miliardo di idee da realizzare, di squisitezze da spadellare, anche in tv.

Aveva aperto il primo ristorante nel 1979, in via de’ Macci, nel cuore di una Firenze così popolare, a Sant’Ambrogio. In quegli anni, chi ci viveva, glielo disse con franchezza che era un pazzo visionario a promuovere la cucina verace della tradizione fiorentina a livello altissimo. E invece ci aveva visto bene, perché era sempre un passo avanti. Vero genio visionario chi è così abile da costruire un impero partendo da un buchetto nel vicolo buio.

Lo chiamò Cibrèo in onore dell’intingolo di fegatini e bargigli di pollo che in famiglia, quand’era piccino, veniva cucinato nelle grandi occasioni: ne andava matta Caterina de’ Medici. Ruvido, caustico e antipatico quel tanto che basta per certificarne la fiorentinità più autentica. Picchi non si è fermato al ristorante, ritrovo anche della Firenze radical chic e dei potenti.

Ha conquistato mezzo rione, con caffè, il Teatro del Sale, lì ha portato in scena la cucina, condendola di spettacolo, la gastronomia (nata rilevando un market), la norcineria dentro il mercato, e poi il Ciblèo, la cucina tosco-orientale. Tutto squisito, tutto costosissimo: ma l’altissima qualità ha un prezzo. E lui lo spiegava a tutti. Con il latte della mucca d’alpeggio. Guai a mangiare con la forchetta il prosciutto, ragazzi, "perché quello del Casentino si mangia con le mani". E poche storie. Era capace di strapparla dalle mani.