REDAZIONE CRONACA

Katia, la chef stellata ambasciatrice di Women for Expo

La Maccari è guida del ristorante "I salotti del patriarca" di Chiusi

Katia Maccari

Firenze, 15 aprile 2015 - Katia Maccari, un’etrusca a Expo 2015. Chef stellato e madre di tre figli piccoli, autodidatta e preparatissima, occhi da cerbiatta e un’audacia pungente da toscana verace. Un sorriso enigmatico il suo, che ricorda quello delle statue etrusche: dentro c’è sì la dolcezza, ma attenzione, in fondo alla dolcezza c’è una lama d’acciaio. Ed è forse anche questo enigma insolubile che l’ha fatta scegliere fra tante candidature come ambasciatrice di Women for Expo, il progetto di Expo Milano in collaborazione col ministero degli Esteri e con la fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori per creare una rete mondiale di donne a cui è affidato il compito e di esprimersi sui temi della sostenibilità e del nutrimento, così da tracciare la via a un nuovo modello planetario.

Anima e guida del ristorante I salotti del Patriarca di Chiusi, per orientarsi nel rutilante e complesso mondo della cucina stellata Katia Maccari tiene l'ago della sua bussola puntato sul giudizio dei suoi bambini: mamma questo é buono, questo non lo è. Sembra banale, è l’essenza di tutto, perché è partendo dalla purezza spietata di un approccio basilare che si puó costruire qualcosa. Anche un grandissimo piatto.

Come è nata l'investitura a Expo?

“Mi piaceva il tema, nutrire il pianeta, e così mi sono mossa per sapere cosa potevo fare per contribuire. Ho proposto la mia candidatura, mi hanno risposto che erano interessati, mi hanno mandato il questionario in cui mi chiedevano un po' tutto di me e della mia attivitá, ho risposto e poi mi hanno nominato ambasciatrice di Women for Expo”.

Che significa comunicare Expo in cucina?

“Che si può mangiare bene, con qualità, senza spendere una fortuna. Bisogna trovare piatti intelligenti. Nessuno ti chiede per due sere caviale e foie gras e se vuoi una cucina che ti identifichi non ha senso cucinare quello che fanno tutti”.

Quindi il suo messaggio per Expo è un po' questo: con prodotti del territorio di qualitá si può fare una grande cucina, evitando sprechi e dando anche un occhio alle spese?

“Quando vai nei ristoranti, magari anche blasonati, e trovi sempre lo stesso menú che senso ha? Basta comprare da un listino Selecta ed è tutto fatto. Le materie prime del posto sono fondamentali. Qui abbiamo in cucina prodotti nostri, dalla carne ai grani per la pasta, dall'olio, al vino, agli ortaggi. È questo il valore in piú della mia cucina”.

Perché gli uomini sono chef e le donne cuoche?

“Perché le donne sono quelle che mettono a tavola la famiglia, da sempre. Sono le custodi della tradizione. Ci sono 47 donne chef stellate in Italia e forse te ne so nominare tre. Non è bene, ma funziona così. Io sono nata da autodidatta, ma ho sempre visto cucinare e vissuto in cucina. Per me la cucina è tradizione di famiglia. E tradizione femminile: mia nonna, che mi ha insegnato a fare i pici e i ravioli quando ero bambina, e mia mamma, che lavorava in un ristorante e poi in un salumificio e mi ha insegnato come si smonta una lombata. Oggi che ci vuole a fare un piatto estetico? Guardi un po’ di video su Internet e lo copi, ma se poi ti manca la sostanza che fai? Alcuni miei colleghi il carré se lo fanno fare, io lo faccio da sola. La completezza della preparazione, dalle basi alle tecniche piú innovative, è quello che ‘predico’ sempre ai miei collaboratori”.

E’ nata autodidatta, ma poi è andata a scuola...

“A un certo punto ho capito che se volevo crescere e assecondare fino in fondo questa mia passione per la cucina dovevo conoscere di più. Ho ricominciato da zero, da come si fa un sugo, anche se poi quello che facevo giá è sempre stato migliore. Ma era necessario. Quindi sono tornata a scuola, ho seguito, e seguo, corsi di aggiornamento, ho studiato le tecniche della cucina e della pasticceria. Specialmente la pasticceria, che non vuole errori perché lí non si improvvisa, senza le tecniche non la fai”.

Da chi andrebbe a scuola fra i grandi chef?

“Gualtiero Marchesi, è il maestro di tutti e poi Adriá, l'opposto assoluto ma un grande. Non sono una appassionata della sua cucina, ma mi piace conoscere tutte le tecniche. Il piatto non può essere un cubetto di essenza di mela, ma è importante metterci anche cose diverse dalla tradizione”.

E una donna chef?

“Sono di parte, ma dico Valeria Piccini. É toscana come me ed é brava”.

All’estero?

“Da Elena Arzak”.

Che significa essere toscana in cucina?

“Noi abbiamo tutto, pasta, animali, olio, vino, grani e verdure quindi dobbiamo solo applicarci”.

Un piatto per Expo?

“Deve accomunare tutta la cucina italiana. Io direi gnocchetti di pomodoro con spuma di parmigiano e aria di basilico. Questo piatto nasce dal ricordo della mia nonna che quando ero piccolina me lo cucinava il sabato a pranzo. Alla fine della scuola”.

F.C.