Opere d'arte digitali, il caso Cinello: "Non vendiamo Nft, ecco cosa facciamo"

“Lieti che arrivi finalmente dal ministero una normativa che vale per tutti”

Cristo risorto di Marco Baisati, riproduzione digitale

Cristo risorto di Marco Baisati, riproduzione digitale

Firenze, 25 maggio 2022 - Quello che ha inventato l'azienda Cinello sono i Daw, Digital Art Work. Sono delle precise e fedeli copie digitali in scala 1 a 1 di un'opera d'arte, ma nulla hanno a che fare con gli Nft, cioè non-fungible token, che certificano su blockchain la proprietà dell'opera digitale. “Non finiamo mai di ripeterlo : non facciamo Nft”, spiegano dalla startup fondata da due ingegneri esperti di information technology, Franco Losi e John Blem, con una sede a Firenze, una a Milano e una terza a Copenaghen.

“Abbiamo depositato un brevetto in tutto il mondo, in Cina, Europa e America del Nord, che consente al museo o alla fondazione di fornirci il file dell'opera originale, che noi rendiamo unico”. Come? “Associandolo ad uno schermo in scala uno a uno rispetto all'opera originale, completo di cornice di legno. Lo schermo è collegato ad un piccolo computer, allestito dietro l'opera, che viene così riprodotta ad altissima definizione e protetta con un sistema di crittografia”.

Il monitor viene disattivato in caso di furto e a chi acquista il digital art work viene rilasciata una certificazione cartacea firmata dal direttore del museo e dalla Cinello. “Di ogni opera – spiegano ancora dall'azienda – vengono fatte al massimo nove copie, le quali poi vendiamo, in valute correnti e non in criptovalute, a collezionisti che tengono in casa propria la 'digital copy' del capolavoro”.

Il museo – che di fatto ha solo concesso una digitalizzazione in edizione limitata ad una società che gli riconosce per ogni vendita il 50% dei ricavi netti - resta proprietario dell'opera e dei diritti e in caso di passaggio di mano da un primo proprietario ad un secondo, la vendita può essere fatta solo attraverso la piattaforma di Cinello.

“Gli Nft – ribadiscono dalla Cinello - sono certificati di proprietà e di provenienza, ma non hanno dentro un contenuto. È un file che può essere salvato da chiunque, perciò i musei non potrebbero mai fare gli Nft delle opere che hanno in collezione”. “Abbiamo stipulato accordi con tutti i musei italiani nella massima trasparenza. Siamo lieti – concludono – che il ministero abbia fatto finalmente una normativa per regolare il settore che vale per tutti”.