‘Carissimo Don Alessandro’, il libro con le lettere al nipote di Manzoni

Per la prima volta, grazie ad Alessandro Panajia e Luisa Winsemann Falghera, viene pubblicato il carteggio di Scipione Vannutelli e Laura von Kanzler ad Alessandro Trotti Bentivoglio

La copertina del libro

La copertina del libro

Firenze, 23 febbraio 2020 - Per la prima volta, in ‘Carissimo Don Alessandro. Lettere di Scipione Vannutelli e Laura von Kanzler ad Alessandro Trotti Bentivoglio’ si pubblica sia il carteggio intercorso tra il noto pittore romano Scipione Vannutelli (1834-1894), che quello di sua sorella Laura (1839-1906), moglie di Hermann von Kanzler, generale comandante le truppe dell’ultimo Papa Re, con il garibaldino-pittore Alessandro Trotti Bentivoglio (1841-1914), nipote dell’autore dei Promessi Sposi.

 

Autori di questo prezioso volume (Edizioni Ets)  sono Alessandro Panajia, che ha al suo attivo numerose pubblicazioni, orientate verso la storia e la cultura dell’Ottocento, e Luisa Winsemann Falghera. Grazie a loro, dallo straordinario epistolario di Scipione emerge un quadro esaustivo della personalità, delle occupazioni e degli affanni del pittore, ma in particolare i riferimenti espliciti ai suoi lavori, alle messe a punto di quadri ed ai motivi d’ispirazione. Dalla corrispondenza di Laura, invece, si delinea una figura femminile colta, affascinante, intelligente e dotata di un carattere forte. Particolarità di questo secondo carteggio è il credo politico della nobildonna che, da “papalina” intransigente e rappresentante a pieno titolo dell’antica nobiltà romana, ormai al tramonto, si erge a “eroina risorgimentale” dalla parte opposta del fronte e ne difende le istanze con veemenza di fronte alle liberali posizioni dell’ex garibaldino Trotti. Questi due straordinari carteggi, infine, dimostrano quanto siano ricchi i giacimenti archivistici privati italiani e, cosa rara, la liberalità e sensibilità dei depositari nel concederne la pubblicazione. “I due carteggi, pur essendo coevi– scrivono Alessandro Panajia e Luisa Winsemann Falghera - hanno diverse connotazioni. Le lettere di Laura che coprono un arco temporale che va dal 1868 al 1906, pur affrontando argomenti politici ed ergendosi la mittente ad eroina risorgimentale dalla parte opposta del fronte, hanno un taglio tipicamente femminile e molti sono i riferimenti alla moda, ai viaggi, alla famiglia e a tutto ciò che, all’epoca, era tipico dell’universo femminile. Nelle lettere di Laura traspare, poi, un signorile fair play, tutto femminile, grazie al quale possiamo presumere che tra i due corrispondenti vi fosse un legame che travalicava il solo rapporto d’amicizia. Piacevolissime, infatti, le scenate di “gelosia” che la signora indirizzava all’aristocratico destinatario per poi, immediatamente dopo, cercare di attenuarne il tono chiedendo scusa. Quelle di Scipione, invece, contengono, oltre ad argomenti strettamente personali, un numero quanto mai vario di temi: questioni artistiche e culturali, rispecchiando pienamente la personalità del pittore romano, importante protagonista delle arti figurative, che grande fortuna ebbe alla fine dell’Ottocento. Le lettere che l’artista romano inviò al fraterno amico Trotti, ricoprono un lungo arco temporale (1863-1887) e documentano eventi fondamentali della sua carriera e della sua vita privata. Tra i due si svolse un rapporto epistolare intenso, fatto di richieste e risposte, di consigli e di incoraggiamenti su temi artistici, nutriti da frequenti incontri a Roma, Milano, Parigi, Venezia, Baveno e costellato dalla presenza di pittori nazionali ed internazionali di rilievo. Le lettere conservate si diradano per arrestarsi completamente in alcuni anni. Un lungo silenzio che fa ipotizzare che le missive siano andate perdute o non conservate. Che coincide con il nascente interesse di Trotti per l’architettura dei giardini, ma anche per le preoccupazioni e l’assistenza che l’aristocratico lombardo dedicò al cugino Giammartino Arconati Visconti, gravemente malato, accompagnandolo in giro per l’Europa in cerca della sperata e mai raggiunta guarigione. I rapporti epistolari, comunque, furono tenuti vivi grazie anche ad alcune missive della moglie del pittore”.

 

“Le missive non erano mai state riordinate – aggiungono i due autori - e in occasione di questa pubblicazione si è provveduto a ordinarle cronologicamente. Alcune lettere sono prive di data e si è potuto, quasi sempre, risalire a una possibile datazione grazie ai riferimenti a persone e avvenimenti contenuti nel testo. Buona parte delle missive sono corredate delle relative buste, spesso affrancate. Ne restano alcune prive di lettera, andata purtroppo smarrita. Il testo delle lettere è stato trascritto intervenendo solamente nella punteggiatura per facilitare la lettura, mentre gli accenti sono stati resi secondo l’uso moderno”. “Nelle lettere di Scipione Vannutelli, qui raccolte per la prima volta – scrive nella prefazione lo storico dell’arte Stefano Renzoni - non si precisa il travaglio di un artista alle prese con i dilemmi creativi, o neppure quelli più propriamente umani, o sentimentali, che nel gesto espressivo trovavano in molti, come è noto, un esito e una ricomposizione. Non siamo insomma di fronte alle lettere di Vincent Van Gogh al fratello, o a quelle di Paul Gauguin. Nelle sue lettere Scipione Vannutelli raccontava la propria esistenza quotidiana fatta di cose minute e anche minime, ma esposte con un estro narrativo lieve e convincente, come di chi affrontava la vita senza assilli, che non fossero quelli dell’illustrazione di un percorso di vita fatto di viaggi, di appuntamenti, talvolta di pettegolezzi. Era del resto un uomo proveniente da una ricca famiglia aristocratica che nel proprio palazzo aveva ospitato personaggi come Liszt. Lo straordinario carteggio che viene per la prima volta qui presentato, dimostra ancora una volta quanto siano ricchi i giacimenti archivistici italiani. E quando i carteggi sono importanti, come questo, a trovare qualcosa della propria fisionomia non saranno solo gli eredi di sangue, ma anche coloro che in quella storia, fatta così grande dalla dignità di un pensiero assoluto, ci si possono in qualche modo rivedere e misurare perché figli di una stessa lingua e di una stessa terra”.

Maurizio Costanzo