Il fenomeno Neet: "Bisogna puntare sull’apprendistato"

In Toscana, il numero di Neet è sceso a 70mila nel 2022 rispetto ai 90mila del 2021. La ricerca evidenzia che il 13,8% dei giovani tra i 15 e i 29 anni non studia, lavora o si forma. Si sottolinea l'importanza dell'istruzione medio-alta per l'occupazione e si propone di potenziare l'apprendistato e l'alternanza scuola-lavoro.

Non studiano e non lavorano. Sono i cosiddetti Neet – Not in education, employment or training – che in Toscana sono 70mila. Un numero significativo, ma inferiore ai 90mila del 2021. Si migliora, piano. È quanto mette in evidenza una ricerca realizzata su dati Istat dall’Irpet, presentata a Didacta. I Neet nella nostra regione sono il 13,8% della popolazione tra i 15 e i 29 anni, un dato superiore alla media europea (11,8%), migliore di quella italiana.

Ma chi sono i Neet? Sono solo demotivati e disinteressati? C’è molto di più. Si va, come spiega la ricercatrice dell’Irpet Silvia Duranti, dal "neolaureato o neodiplomato che sta attivamente cercando un lavoro in linea con le proprie aspettative fino al giovane uscito precocemente dagli studi, che non ha le competenze necessarie per entrare nel mercato del lavoro ed è purtroppo a rischio marginalità".

Ci sono poi le persone che non lavorano per scelta, in primis le casalinghe. Tra coloro che hanno la licenza media, sono Neet il 17,6% dei ragazzi. Nella nostra regione, l’incidenza dei Neet tra le giovani donne è del 15%, tra gli uomini del 13%. Ancora, l’incidenza tra i diplomati è dell’11%, tra i laureati del 7%. Segno di quanto sia importante un’istruzione medio-alta per trovare un’occupazione.

Il 38% dei giovani è alla ricerca attiva di un impiego. E si divide tra coloro che hanno precedenti esperienze di lavoro, ovvero i disoccupati (22% in Toscana) e coloro che invece sono alla ricerca di primo impiego (16%).

Nonostante questa seconda categoria di giovani possa ad una prima lettura destare meno preoccupazioni rispetto agli inattivi, non si deve dimenticare che "oltre i due terzi di questi stanno cercando un’occupazione da oltre un anno, dimostrando così una certa distanza dal mercato del lavoro che può facilmente sfociare in demotivazione e scoraggiamento", rileva la ricercatrice. Che fare, dunque? "Sicuramente puntare di più sull’apprendistato e sull’alternanza scuola-lavoro – è la ricetta della studiosa – Molto è stato fatto dalla Regione sul piano delle politiche giovanili: la strada imboccata è giusta ma occorre far di più. Del resto, sono i numeri a dircelo. Gli Its sono un ottimo canale professionalizzante, ma restano un fenomeno di nicchia. Un altro strumento poco diffuso, che invece ha grande potenzialità, è l’apprendistato scolastico, la via italiana al sistema duale tedesco".

In questo modo, i giovani che optano per un’istruzione professionalizzante possono assumere il doppio status di studente e di lavoratore, dato che ottengono un contratto dall’impresa che li sta formando. Ancora, i percorsi di istruzione e formazione professionale, per ri-motivare i giovani più a rischio dispersione scolastica.

Elettra Gullè