"Virus: la trincea, il futuro" Scala racconta il tunnel "E la malattia non è finita"

Il primario di pneumologia ripercorre i mesi pesanti della battaglia dei camici "Non abbiamo più ricoverati da contagio. Ma l’incubo non è passato invano".

"Virus: la trincea, il futuro"  Scala racconta il tunnel  "E la malattia non è finita"

"Virus: la trincea, il futuro" Scala racconta il tunnel "E la malattia non è finita"

di Lucia Bigozzi

Ha visto persone morire, ha salvato vite insieme a Danilo Tacconi e Marco Feri, nelle triangolazioni quotidiane tra Malattie Infettive, Terapia Intensita e Pneumologia e con l’impegno di tutti: medici e infermieri. La seconda ondata, quella più terribile per la città, se la ricorda come uno "tsunami". Raffaele Scala primario della Pneumolgia del San Donato tira la riga di una trince non ancora del tutto dismessa.

Dottor Scala cosa le ha lascosciato la battaglia al Covid?

"Questo virus ha impressionato tutti, all’inizio era qualcosa di nuovo che ha interessato tutto il mondo, ma ci sono state vittime legate ad altre malattie respiratorie. Vorrei affermare un principio di pari dignità".

C’è stato un momento in cui si è sentito impotente?

"E’ stata un’esperienza che ci ha messo alla prova. Insieme a Danilo Tacconi e Marco Feri siamo andati avanti con un metodo condiviso: analizzare tutto operando minuto per minuto. Questo ci ha permesso di stare concentrati su quella fase e combatterla senza mai mollare. La strategia del giorno per giorno è stata la chiave per attuare tra i rispettivi reparti la migliore risposta ai pazienti".

Momenti di scoramento ?

"Personalmente ne ho avuti, ma la barra è rimasta sempre dritta: avevamo davanti onde alte cento metri e non sapevamo quante ce n’erano dietro".

Il Covid ha cambiato il modo di lavorare?

"Ha modificato il modo di comunicare con pazienti e familiari. Di quell’esperienza abbiamo mantenuto un sistema di comunicazione programmata, oltre a quella di carattere urgente. In reparto me ne occupo io: tre volte a settimana facciamo il punto con i familiari dei pazienti. E’ unsistema molto apprezzato".

E tra medici e infermieri?

"Abbiamo imparato a essere tutti più uniti, non solo tra i reparti ma anche all’interno della nostra equipe. Ho notato una maggiore comunicazione tra di noi".

Oggi quanti pazienti Covid ha in reparto?

"Zero. In questo ultimo anno, abbiamo avuto al massimo cinque persone ricoverate contemporaneamente, ma si trattava di pazienti in ospedale per altre patologie e risultati positivi al Covid. Pochi giorni fa abbiamo trasferito un 70emme non vaccinato, ricoverato per un mese in terapia intensiva poi venuto da noi. Farà riabilitazione al Crt di Montevarchi".

Il Covid è finito?

"No e non credo sparirà del tutto. E’ una malattia diversa; insegna che va seguita come le altre malattie contagibili, ad esempio l’influenza che quest’anno è stata più aggressiva o il virus respiratorio sinciziale che ha colpito i bambini piccoli. L’affrontiamo con i vaccini e restando sempre in campana, perchè la situazione può modificarsi".