"Una strage pianificata a freddo". Mattarella, l’abbraccio e il monito

A Civitella il capo dello Stato ripercorre il viaggio della memoria, dialoga coi sopravvissuti, onora le vittime

"Una strage pianificata a freddo". Mattarella, l’abbraccio e il monito

"Una strage pianificata a freddo". Mattarella, l’abbraccio e il monito

"Senza memoria, non c’è futuro". Sergio Mattarella scandisce le parole del 25 aprile, dal piccolo borgo della Valdichiana che sceglie come simbolo di memoria condivisa ma pure come monito contro le guerre che incendiano il Medioriente e l’Europa dell’est. Le guerre di ieri e quelle di oggi.

Centinaia di bandiere tricolore segnano i contorni della piazza dell’eccidio. In questo borgo, il 29 giugno 1944 furono trucidate 244 persone, rastrellate tra la chiesa e i boschi, uccise a gruppi di cinque. È qui che il capo dello Stato sceglie di celebrare la festa della Liberazione. Qui, dove il dolore scava, dove la memoria è nutrimento quotidiano nelle scuole e intesse la trama di una comunità che non dimentica. E che riannoda i fili tra le testimonianze di chi, seppure bambino, ha visto quell’orrore e la cura degli storici che dentro quella strage ne ricostruisce l’ossatura senza sovraletture: non si trattò di rappresaglia, bensì di un piano studiato a tavolino ben prima dell’azione dei partigiani. Forse è anche per questo che Mattarella proprio qui viene a dire che gli eccidi di Civitella, San Pancrazio e Cornia, "furono pianificati a freddo, molti giorni prima, e furono portati a termine con l’inganno e con il tradimento della parola". E cita per nome e cognome le vittime più piccole, il bìmbo vissuto un anno e la bambina di due. Si raccoglie davanti al monumento che ricorda l’eccidio e lascia un pensiero nel libro della memoria: attimi di commozione. Rimarca che intorno all’antifascismo "è possibile e doverosa l’unità popolare". Questo non significa "compromettere" il "pluralismo sociale e politico". Lo dice con le parole di Aldo Moro e il passaggio chiude ogni spazio a tentativi revisionisti: dalla Resistenza nacque il "riscatto morale" del Paese.

Due ali di folla lo accolgono in quella sorta di "pellegrinaggio" della memoria che porta alla Sala dove si custodiscono testimonianze e documenti. Lo accompagna Terzilio Bozzi tra i fondatori dell’archivio ed è Mattarela a voler sapere: "Questo chi era?", "Era Heinz Barz il comandante dei soldati della Divisione Goering", reparto della strage nazista di Civitella. "Ma era giovane...". "Tutti i soldati tedeschi dell’eccidio erano giovani, lui aveva 28 anni". Il dialogo per un attimo rompe le rigidità del cerimoniale.

Poi la visita nella chiesa dove i nazisti entrarono per dare inizio alla strage. Lo accoglie il vescovo Migliavacca e gli parla di don Alcide Lazzeri, l’arciprete, che quella mattina del 29 giugno 1944 stava celebrando Messa e offrì la propria vita nel tentativo di sventare il massacro: fu uno dei primi a cadere sotto i colpi di mitra e con lui altri due religiosi. "L’iter sta andando avanti secondo le procedure" annuncia il vescovo sulla causa diocesana di beatificazione. Ci sono i bambini di allora ad attendere Mattarella, oggi novantenni e con gli occhi annacquati dal tempo e dai ricordi. Alcuni sperano di avvicinare il presidente ma restano in un settore laterale della tensostruttura. Lacrime e brividi per il video che racconta la strage. Mattarella dialoga per qualche minuto con Ida Balò prima dell’avvio della cerimonia ed è come se incontrasse uno ad uno quei bambini di allora. Depone la corona di alloro davanti alla stele coi nomi delle 244 vittime in un raccoglimento corale rotto solo dalle note del Silenzio. La storia è qui e ora, in questa piazza dove Ida Balò rilegge, commossa, la fine del babbo e degli altri martiri in quell’"abbraccio affettuoso" rivolto al presidente della Repubblica. Che a Civitella viene a portare l’abbraccio dell’Italia.