Gabriele Canè
Politica
Editoriale

I leader contano ancora

Un seggio (Foto di repertorio)

Un seggio (Foto di repertorio)

Forse è più interessante partire dal basso. Perché in fondo ai sondaggi, a un mese dalle Europee, il polso dell’opinione pubblica offre gli spunti più interessanti al di là dei settimanali zero virgola in più o in meno. Cominciamo dalla popolarità dei leader che spiega a sua volta, almeno in parte, l’andamento dei partiti. Secondo «Human index», super media di tutte le ricerche, oltre a web e social, in testa c’è saldamente (la) Meloni (40,2%) non ancora identificata in Giorgia, come da apposita, interessante, idea di marketing elettorale. Segue Tajani (33,4), che invece di essere il liquidatore di Forza Italia ne sta diventando l’azionista di riferimento. Bravo. A poca distanza Conte (32,1), 5Stelle di lotta e di pochette che piace il doppio del suo partito (15,8), e più di Salvini (26,9) e Schlein (23,8) che guida il Pd, secondo nella odierna classifica con il 21,3.

Senza essere politologi, si possono incrociare preferenze e intenzioni di voto per qualche sintetico ragionamento. La premier è gradita a molti, e il 27,2 di Fratelli d’Italia è evidentemente merito suo. Come l’8,5 di Forza Italia può essere messo anche in quota Tajani, e l’8,5 della Lega può andare a demerito di Salvini che aveva molti più voti, e popolarità da super star. Bruciacchiati. Quanto a Schelin, beh, l’impressione è che il Pd possa veleggiare attorno al 20% a prescindere dal leader, come ultima o unica spiaggia degli elettori di centro sinistra. Restano le battaglie per la sopravvivenza. Renzi-Bonino sono sopra al 4% (5) mentre Azione è al 3,5, e Sinistra italiana al 3,7, il che garantirebbe a Ilaria Salis lunghi anni di permanenza in Ungheria. Complimenti ai suoi sponsor. Concludendo.

I sondaggi veri si fanno nelle urne. Quelli di oggi indicano una tendenza alla stabilità. Con un’osservazione: l’epoca dell’uomo/donna solo/a al comando non è ancora tramontata. I leader contano. Votare per credere.