
Vincenzo De Luca e Giuseppe Conte, i protagonisti dello stallo in Campania
Roma, 9 luglio 2025 – Le Regionali sono un banco di prova. Non, però, come si potrebbe pensare per verificare i rapporti di forza tra schieramenti contrapposti, ma per accertare gli equilibri interni ai partiti e alle coalizioni. Capita ovunque, ma soprattutto nel centrosinistra perché, dando per certa la vittoria in tre regioni in autunno, viene a mancare ogni freno agli appetiti correntizi. Prendiamo la Toscana: con l’Emilia-Romagna è la regione rossa per eccellenza, il governatore Eugenio Giani risulta il più gradito dai cittadini tra i presidenti progressisti, ha un solo mandato alle spalle. Non dovrebbe esserci dubbio. Invece il dubbio c’è: ufficialmente, l’ostacolo si chiama Giuseppe Conte. Sarebbe lui a storcere il naso di fronte alla conferma del governatore uscente, spalleggiato da Avs. Ma pare sia una verità di facciata: la realtà è che nella regione sicurissima Elly Schlein ambiva ad avere un fedelissimo, Emiliano Fossi se non addirittura Marco Furfaro.
Giani – che come premio di consolazione sarebbe stato catapultato in Parlamento – non ha mai pensato di mollare, ha risposto con l’artiglieria: 103 sindaci toscani hanno firmato un appello per chiederne la riconferma, altrettanto ha fatto la Cgil regionale, al pari dei segretari del Pd grossetano. Si sono mossi i pezzi da novanta del partito, e alla fine Giani pare proprio che ce la faccia: la Direzione regionale del Pd gli darà l’investitura ufficiale a breve.
Almeno, la Campania si è sempre saputo che avrebbe costituito un problema. L’ex presidente della Camera, Roberto Fico, aspetta da tempo immemore la candidatura con la pazienza dei pretendenti di Penelope. L’intoppo si chiama Vincenzo De Luca: impossibilitato a candidarsi per legge, il governatore minaccia di guastare la festa facendo una corsa solitaria con 6-8 liste, l’attuale assessore regionale Lucia Fortini candidata alla presidenza, e lui capolista in 3 delle 5 circoscrizioni. Il suo potere in Campania è indiscusso, conviene tenerselo buono. Per questo il via libera a Fico, inviso al viceré, continua a slittare. "Abbiate fede, rivolgetevi a Padre Pio e fatemi lavorare", se la ride De Luca.
C’è chi sospetta un gioco di vasi comunicanti tra Toscana e Campania. Conte fermerebbe Giani, in attesa di ottenere il via libera al suo candidato. Credibile fino a un certo punto, dal momento che il toscano finora ha dovuto guardarsi più dal suo partito che dagli alleati. In Puglia non sembrerebbe esserci problema. Antonio Decaro è stato incoronato da tempo, non dovrebbe incontrare difficoltà. Invece di difficoltà ce ne sono due: l’ex presidente di regione, Nichi Vendola, e il governatore attuale, Michele Emiliano. Entrambi vogliono essere messi nelle liste per il consiglio regionale, ma a Decaro l’idea di ritrovarsi stretto, proverbiale vaso di coccio, tra due colossi non piace affatto. Ritiene – non a torto – che la sua libertà di manovra ne uscirebbe decurtata dunque anche lì ha il centrosinistra ha le sue gatte da pelare.
A destra le cose sono più facili proprio perché le chance di vittoria sono esigue. Nessuno sgomita per farsi impallinare nelle tre regioni date per perse e nelle Marche il governatore uscente, Francesco Acquaroli, non ha rivali, il problema è quello di sempre: il Veneto. Giorgia Meloni sembra rassegnata ad accettare un candidato leghista, in cambio della promessa di portare a casa nel 2028 la Lombardia. Non che ciò basti a risolvere ogni problema: c’è Lega e Lega, e la Lega di Salvini non è quella di Zaia. Il governatore uscente vuole un suo alter ego, Salvini mira all’esatto opposto: un candidato che gli permetta di avere voce in capitolo nel regno di Luca. A complicare ulteriormente le cose ci si mette Antonio Tajani, deciso a combattere fino all’ultimo per il "suo" Flavio Tosi: "Non vogliamo imporre a nessuno il nostro candidato ma non vogliamo neanche che ci vengano imposti". Va da sé che se si riaprissero i giochi su Tosi, tornerebbero in ballo anche i possibili candidati di FdI, dove sono parecchi ad ambire alla successione. Insomma, per il centrosinistra molti guai, la destra uno solo, il Veneto, ma bello grosso.