REDAZIONE AREZZO

Ucciso dal maltempo, Pergentino restituito alla famiglia: dalle 17 camera ardente

Alla Croce Bianca. Domani alle 15 i funerali in duomo. Lo staff di medicina legale conferma le cause della morte

Il ritrovamento

Arezzo, 31 luglio 2019 - Si è concluso il riscontro sul corpo di Pergentino Carlo Tanganelli effettuato dall'equipe di medicina legale di Siena. L'esame ha confermato la versione più accreditata e cioè che Tanganelli sia caduto a causa dell'ondata di piena, che abbia battuto la testa e sia infine precipitato nel canale di scolo. La salma è già stata restituita alla famiglia, alle 17 la camera ardente alla Croce Bianca. I funerali si svolgeranno domani alle 15 in Duomo.

Ha preso l’ombrello prima di chiudere l’auto e proseguire a piedi, senza saperlo, verso l’onda di piena che lo avrebbe ucciso. E quell’ombrello lo hanno ritrovato poco lontano dal suo corpo. Stretto anche lui nel canale di scolo che per ore lo aveva nascosto al mondo. E’ morto così, tradito dal maltempo, a 72 anni Carlo Pergentino Tanganelli: nobile nome aretino, quello di un santo che purtroppo non lo ha protetto fino in fondo. Un signore di altri tempi, un di riferimento per i suoi cari, un professionista serissimo, un volontario generoso. Che ora la famiglia e Olmo piangono sconvolti. Perché non si può morire così, sotto una nuvola gonfia d’acqua.

Un caso sul quale parte l'inchiesta che sarà coordinata dal Pm Laura Taddei. Il primo passo sarà un esame del corpo della vittima, per acquisire le definitive certezze sulle cause della morte, chh sarà eseguito domani mattina dall'equipe di medicina legale di Siena. A quel punto i resti saranno restituiti alla famiglia per i funerali, che dovrebbero essere celebrati giovedì in Cattedrale.

Un fascicolo è ovviamente aperto in Procura alla luce della morte di Pergentino Tanganelli, travolto dalla piena a ridosso di Olmo. A guidare le indagini è il sostituto procuratore Laura Taddei, che ieri ha avuto la relazione completa sulla tragedia e sui rilievi condotti nella zona dove è stato ritrovato il corpo.

Per ora ha disposto una ricognizione esterna. Il quadro? Ove non risultasse l’impossibile, e cioé una causa di morte per qualche aspetto non direttamente collegata all’onda di piena ma siamo davvero a fronte di un’ipotesi di scuola, la magistratura procederà in un’inchiesta inizialmente contro ignoti.

Si tratta di chiarire se alla base ci sia stato solo un fenomeno naturale di straordinaria violenza o se abbiano contribuito ad aggravarlo responsabilità pubbliche o private. Esempio? Eventuali lavori non eseguiti, una non corretta manutenzione dei fossi, una mancata ripulitura di canali.

Certo non si può morire sotto una nuvola che uccide. Eppure è successo davvero. E’ successo per la seconda volta nella recente storia aretina. La prima nell’ottobre 1992: allora a perdere la vita era stata una donna, in Valdarno, tentando di reggere alla piena attaccandosi a un cartello. Ora il tragico bis, di quelli che ti tolgono il fiato. Ore di mistero, le sue foto sui siti internet, le ricerche serrate. Fino alle 8.10 di ieri mattina: sono Aldo Poponcini, il vicecomandante della polizia locale, e il genero di Pergentino, anzi per i più di Carlo, a vedere quel corpo nel canale di scolo.

Di fianco ad uno dei sottopassi delle stradine lungo la via di Ristradella. Parte l’allarme, arrivano i parenti, l’amara conferma. Cos’è successo? Sarà il Pm Laura Taddei a chiarirne i risvolti ma la dinamica secondo le prime ricostruzioni sembra chiara. Quella stradina, familiare a tutto il paese, da Ristradella, la parallela della 71, sfocia a San Zeno. L’altro ieri la rotatoria era chiusa a tratti per il maltempo. Tutto lascia pensare sia passato da sotto per tornare prima al Matto, a casa.

Una scorciatoia ma naturale, nelle corde di chi conosce la zona. L’auto, una Bmw, ha il muso puntato proprio verso Olmo. Pergentino vede la pioggia che aumenta, decide di lasciare l’auto e proseguire a piedi. Prende l’ombrello, senza immaginare quanto poco lo avrebbe protetto. Passa dal piccolo sottopasso: fuori un muro d’acqua, che lo travolge. O forse gli fa semplicemente perdere l’equilibrio, ma di quel poco sufficiente a perderlo. E’ stato sbalzato nel canale di scolo laterale, una giungla di canneti, ha battuto la testa contro la spalletta ed è scivolato fino in fondo. E lì è stato ritrovato. Due figli. Letizia e Giulio, una moglie amatissima, una carriera prima all’intendenza di finanza e poi all’agenzia delle entrate e ora il consiglio che non faceva mai mancare alla figlia, titolare di uno studio commercialista.

Più la passione per il paese, era dirigente uno dei fondatoi dell’Olmoponte. Spesso a alla biglietteria: ma era soprattutto il sorriso per chi arrivava, per i genitori, per i ragazzi. La battuta pronta, il passo deciso, il carattere franco. Ora aspettano tutti i funerali. Per dirgli addio ma soprattutto per rievocare quel sorriso: tanto per togliere a quella nuvola nera la presunzione di averlo cancellato