
I genitori hanno presentato denuncia ai carabinieri
Arezzo, 14 febbraio 2019 - Per tre chilometri a bordo sono rimasti da soli con quel bambino «invisibile». Tre chilometri, quelli che dividono la scuola materna «Rosai Caiani» dal deposito, via della Costituzione da via Gadda, al Ponte alle Forche. Circa dieci minuti, considerando il traffico, nei quali nè l’autista nè l’accompagnatrice hanno notato che quel bambino era rimasto lì, disciplinatamente legato alle cinture di sicurezza.
I tre chilometri dell’assurdo: incomprensibili all’azienda di trasporti, «Autolinee Toscane», al sindaco Maurizio Viligiardi. E in fondo anche ai due protagonisti della vicenda che da ieri fa parlare mezza Italia. Perché il pulmino era sì uno scuolabus ma addirittura più piccolo degli altri: a bordo sette bambini in tutto, compreso il piccolo che nessuno ha notato. Un caso sul quale i carabinieri (guidati dal comandante Andrea Barbieri) hanno inviato una sommaria relazione al Pm di turno Laura Taddei: poche righe, in attesa di un rapporto più corposo.
Una notifica senza ipotesi di reato: perché l’unica sarebbe abbandono di minore, ma si tratta di un reato doloso e in questa vicenda tutto c’è meno il dolo. Distrazione drammatica, superficialità, disorganizzazione: ma il dolo proprio no. Discorso diverso per le eventuali responsabilità civili. I carabinieri hanno preso i contatti con l’autista e l’accompagnatrice ma senza interrogarli.
Una vicenda ai primi passi, dove di certo ci sono i primi provvedimenti: la sospensione sia dell’accompagnatrice, che fa parte della cooperativa Marameo, che dell’autista. Con l’azienda che alza i toni: «E’ successo qualcosa di inammissibile». E per cui hanno contestato al conducente la negligenza del servizio. E alla cooperativa l’inadempimento contrattuale. Motivo? A fine corsa è previsto che chi è nell’autobus verifichi non solo la presenza di bambini (il minimo...) ma anche di oggetti dimenticati. E per questo ha già chiesto ai partner in convenzione l’allontanamento della dipendente.
«Mai più sui nostri autobus» dicono ambienti vicini alla proprietà. L’iter era stato quello classico. Lo scuolabus passa, l’accompagnatrice fa salire i bambini e li lega al sedile. Quindi li fa scendere, con l’obbligo di accompagnarli alla porta della scuola. Stessa cosa, sia pur al contrario, per il ritorno. Fatto sta che uno dei piccoli stavolta è rimasto lì. Sia la socia della cooperativa che il conducente, ci assicurano tutti, sono sconvolti, sotto choc. Il rischio che il bambino ha corso, le urla della mamma, le conseguenze sul lavoro sono incubi con i quali è difficile convivere.
Ma forse lo sono ancora più gli strascichi che il bambino, pur fisicamente in buona salute, potrebbe aver subito. Intanto è partita l’inchiesta interna, di autolinee toscane da una parte e della cooperativa dall’altra. Iter? Ascoltarli e poi eventualmente metterli a confronto. Anche il Comune, conferma l’assessore Barbara Fabbri, è pronto a rivalersi sull’azienda di trasporto. Un «domino» complesso e nel quale ognuno chiede ragione a quello sotto. Ragione di uno svarione incredibile. Ragione di quei tre chilometri dell’assurdo. Ragione del pianto di un bambino.