Tre arresti, 10 denunciati, maxiblitz: crolla Agorà, si sgretola il sistema cooperativo

A rischio 800 dipendenti e centinaia di ricoverati. In carcere Daniele Mazzetti (foto Tsd): per il Gip è lui il dominus di un'organizzazione da 25 milioni di debiti col fisco

Daniele Mazzetti

Daniele Mazzetti

Arezzo, 5 giugno 2021 - Crolla come un castello di sabbia il sistema di cooperative costruito attorno al consorzio che tutti ad Arezzo conoscono come Agorà, il più importante forse nel campo della gestione in campo sociosanitario, con un «impero» di residenze assistite, soprattutto per anziani, ramificato in tutta la provincia ma anche in altri pezzi di Toscana, nelle Marche, in Lombardia, in Piemonte e persino nel lontano Friuli.

Ottocento dipendenti che ora rischiano, centinaia di ricoverati. Crolla con l’arresto del dominus di fatto di questo conglomerato nelle mani di pochi se non di uno solo, Daniele Mazzetti, 60 anni di Castelfocognano, già in altre occasioni finito impegolato in inchieste, manette e processi. Crolla con i domiciliari delle due persone a lui più vicine, il commercialista bibbienese Alessandro Corsetti coetaneo, e Letizia Beoni, 48 anni, presidente dell’Agorà d’Italia, ora Reses.

Crolla con l’interdizione richiesta per altri 5 indagati, fra i quali spicca l’ eccellente Roberto Vasai, ex presidente della Provincia, procuratore speciale del consorzio. L’accusa per tutti è di associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale e altri reati contro la pubblica amiministrazione. Un terremoto, la fine di un gigante del quale si contesta che avesse accumulato debiti tributari (con frode) e contributivi con i dipendenti per circa 25 milioni, un’enormità.

In realtà, il sistema Agorà scricchiolava da anni e forse per questo di recente era stato cambiato il nome din Reses, con sede non più ad Arezzo ma a Magione. Nello schema del procuratore Roberto Rossi, che ha ereditato l’inchiesta dal collega Andrea Claudiani, e che sostanzialmente è stato fatto proprio dal Gip Fabio Lombardo, cui si deve l’ordinanza di custodia cautelare, era Agorà d’Italia (poi Reses) che raccoglieva gli appalti nell’aretino e in giro per l’Italia, salvo affidarli poi alle coop affiliate che spesso cambiavano vertiginosamente, sigle vecchie che lasciavano in eredità la polpa a quelle nuove ma si tenevano fino al fallimento o alla liquidazione i debiti tributari.

Tanto i prestanome cui toccavano gli incarichi e che non avevano più niente da perdere. Come Aniello Sequino, titolare di un bar a Capolona e ultimo presidente fittizio, come ha ammesso lui stesso, di Residenze per Anziani di Stia, altra coop fatta morire. Il primo segnale sinistro arriva per Agorà nel 2017, quando uno dei dirigenti che si vede piovere addosso un avviso di chiusura indagini per evasione fiscale decide di raccontare come funzionava il sistema.

Lui sarà poi assolto ma il suo j’accuse è preciso: nella sostanza, dice, Mazzetti decideva tutto da solo, al massimo con l’aiuto della compagna. Gli altri avevano sì gli incarichi ma non contavano niente e non sapevano niente. E’ su queste basi che a novembre 2019 scattano le intercettazioni telefoniche per Mazzetti, Vasai e altri. Anche perchè nel frattempo è arrivata un’altra tegola: il Comune di Bibbiena segnala un indebito tentativo di compensare con crediti inesistenti il dovuto dell’addizionale Irpef.

La Finanza si mette al lavoro, il risultato è il verminaio descritto dal Gip Lombardo nella sua ordinanza: coop che nascono e muoiono, ma sempre sotto il controllo di Mazzetti, dipendenti che reclamano il Tfr nel passaggio da una società all’altra ma si vedono minacciati di licenziamento: accettare e subire, la regola del vero regista, già coinvolto più dieci anni fa nel processo per la gara d’appalto del calore Usl in cui fu condannato a 4 anni 4 mesi per corruzione e poi arrestato nel 2011 in un’indagine della procura di Pescara. Ne era sempre uscito. E stavolta?