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Tozzi, quel pittore che stregò anche Picasso Nel suo archivio il carteggio coi grandi dell’arte

Da De Chirico a Severini, da Morandi all’autore di "Guernica": le sale di Foiano sono un viaggio avvincente tra i protagonisti del Novecento

Lucia

Bigozzi

La "cassaforte" di Mario Tozzi racchiude la storia di uno tra i più apprezzati artisti del Novecento figurativo. Non lo sanno in molti, ma la "cassaforte" è a Foiano e si chiama "Archivio Mario Tozzi": custodisce tutto ciò che sul pittore amico di De Chirico, De Pisis e Severini è stato scritto e recensito, compreso un elenco aggiornatissimo su opere, musei e mostre. Ma la "chicca" che racconta l’artista e l’uomo, il suo ingegno e ciò che ha vissuto a cavallo tra fascismo e dopoguerra e ancora negli anni del "boom economico", sono i carteggi con i grandi del suo tempo: da Giorgio Morandi, ai fratelli De Chirico, Giorgio e Alberto Savinio, dal pittore cortonese Gino Severini, fino a Picasso. C’è un mondo nell’Archivio foianese di cui è curatore Roberto Tiezzi, ed è unico anche per la titolarità dell’autentica sulle opere di Tozzi. Da oltre quarant’anni case d’asta, collezionisti, antiquari, appassionati, arrivano nel paese della Valdichiana per sapere del pittore, verificare l’originalità di tele, visionare i documenti epistolari dentro i quali cogliere il segno di una storia che viaggia parallela ai grandi fatti che segnarono i primi anni del Novecento.

Oggi l’Archivio è patrimonio dello Stato: 2500 libri dedicati al pittore, 3500 foto dei dipinti realizzati, schede infografiche, carteggi e documenti inediti, sono catalogati alla voce "patrimonio di interesse storico nazionale". Il sigillo del ministero dei Beni culturali è l’ultimo atto di un iter iniziato con il sopralluogo a Foiano e le verifiche degli esperti della Soprintendenza guidati da Claudia Borgia. Un patrimonio culturale enorme, messo a disposizione per studiosi, esperti ma anche per chi vuole conoscere il profilo di un artista che nel mondo dell’arte, sta vivendo una "seconda giovinezza": molte case d’asta battono le sue tele e i galleristi "inseguono" i collezionisti a caccia del dipinto da proporre agli appassionati.

Il sodalizio tra Tozzi e Tiezzi, risale agli anni Settanta. Roberto Tiezzi ha ricevuto il testimone dal padre Mario, commerciante d’arte, che strinse un lungo rapporto di collaborazione con il pittore nato nelle Marche, cresciuto sul Lago Maggiore e vissuto a Parigi dove costruì molto del suo successo, proprio agli inizi del Novecento. L’incontro tra Mario Tiezzi e Mario Tozzi – il gioco delle vocali nei cognomi è stato il passepartout del rapporto tra i due – cambia il corso delle cose a Parigi dove Tozzi viveva, e a Foiano dove Mario Tiezzi lavorava. Oggi, Roberto è l’unico depositario dell’intera vicenda artistica e umana del pittore. "Nell’Archivio sono classificati circa tremila dipinti a olio e millecinquecento opere su carta. Negli anni ’70 l’archivio ha prodotto un centinaio di tirature litografiche. Studiosi mi contattano da ogni parte del mondo per consultare, epistolari, manoscritti, cataloghi.

Anche la Fondazione De Chirico ha eseguito qui alcune ricerche", racconta Roberto aprendo le porte di uno scrigno d’arte e di memoria. Ha scelto di mantenere a Foiano tutto ciò che ha acquisito dal padre e, a sua volta, raccolto in anni di lavoro, digitalizzando l’intero patrimonio, perché "questo appartamento sede dell’Archivio nel centro storico, è un luogo perfetto per studiare, meditare e valorizzare l’opera di Tozzi che rappresenta un pezzo importante dell’arte figurativa del Novecento".

L’arte e la cultura patrimonio di tutti: il sogno di Tiezzi si sta realizzando. E’ appena rientrato dall’Accademia di Belle Arti di Brera dove ha raccontato l’Archivio e l’artista, su invito della storica dell’arte Rachele Ferrario. Tra le visite più recenti, quella di Enzo Ghinazzi, in arte Pupo, esperto d’arte. Nello studio dove scrive e compone la sua musica ci sono due tele firmate da Tozzi. Laureande hanno scelto di lavorare alla tesi sul pittore tra i documenti dell’Archivio foianese, misurandosi con gli artisti di cui Tozzi è stato il "leader": durante il soggiorno parigino, negli anni Venti, fu lui a creare il gruppo Les Italiens de Paris. Ne facevano parte Giorgio De Chirico, il fratello Savinio, Filippo De Pisis, Gino Severini, Renato Paresce, Massimo Campigli. Una corrente pittorica che si affermò in Francia e in Italia, grazie all’intuizione della critica d’arte Margherita Sarfatti, e ottenne la consacrazione alla Biennale di Venezia. Tozzi partecipò a dodici edizioni. Perfino Picasso ammirò un suo dipinto e volle conoscerlo: lo fece contattare da un suo mercante d’arte e lo invitò a trascorrere un’intera giornata nella sua casa.

Le opere di Tozzi sono esposte al Museo Putszking di Mosca, al Centro Pompidou di Parigi, al Museo di Grenoble. Dalla città francese sono partiti emissari alla volta di Foiano per chiedere a Roberto Tiezzi la valutazione sull’autenticità di alcuni dipinti. L’attività dell’archivio è anche questo. "Su un centinaio di opere che esamino ogni anno per l’autenticazione, solo dieci sono originali, il resto sono falsi", spiega Roberto mentre osserva il grande ritratto dell’artista che domina la sala. "L’Archivio che lui ha voluto qui, custodisce e trasmette la memoria storica del pittore". L’artista non ha mai visitato Foiano ma amava la Toscana, si ispirava al genio di Piero della Francesca e all’eleganza del suo allievo, il cortonese Luca Signorelli.

In un carteggio del 1933 con il pittore cortonese Gino Severini, i due artisti parlano del rapporto con Antonio Maraini, politico, scultore e critico d’arte dell’epoca. Nella lettera Severini analizza l’ostilità di certa critica verso il gruppo degli "Italiani a Parigi" e la competizione con gli olandesi. Poi chiede a Tozzi di sapere "la data approssimativa dell’esposizione al Jeu de Paume". Si tratta del museo che nel 1935, non senza difficoltà, ospiterà l’esposizione degli artisti italiani, proprio grazie alla diplomazia di Tozzi e Severini. C’è un altro carteggio che ricostruisce il rapporto tra l’artista e De Chirico che gli scrive il 25 luglio 1927 per scusarsi di un mancato appuntamento.

Tramandare la memoria e narrare l’epopea di un pittore che ha attraversato i secolo breve ispirandosi a maestri aretini del Rinascimento. Per superare lo spazio del tempo, tuiffandosi nella bellezza.