REDAZIONE AREZZO

Tasse in consiglio comunale: la Tari aumenta (+2,3%), l’Imu no e piazza lo sconto a Rsa e conventi

L’aumento dell’imposta sui rifiuti è automatico in base alla crescita dei costi. Quella sugli immobili confermata sulle vecchie aliquote

Arezzo, 27 aprile 2023 – Bambole, non c’è una lira, o se preferite un euro. Ma le tasse vanno pagate lo stesso, che sia una gioia come sosteneva con coraggio qualcuno o una spina come pensano quasi tutti. Specie quando le tasse si aggancino a servizi dei quali non possiamo fare a meno.

Ed è di quelli in primis che si occuperà oggi il consiglio comunale: e sarà l’assessore al bilancio Alberto Merelli a portare le pratiche all’approvazione del parlamentino. Pratiche in sè che viaggiano o quasi sul filo dell’automatismo. In testa la Tari, lei, l’implacabile tassa sui rifiuti.

Ormai le regole sono chiare: la tariffe sono adeguate all’entità del costo complessivo del servizio. Tot costo, tot ripartizione per la copertura completa. Un costo che viene definito nel Pef e che viene approvato dall’Ato, l’ambito territoriale complessivo su cui sono organizzati i servizi pubblici integrati.

Tra cui per l’appunto i rifiuti. L’aumento è già fissato dalle carte e a questo punto gli strateghi del bilancio si ritrovano che lo vogliano o no a gestire le tariffe. L’aumento è del 2,3%, che corrisponde ad una crescita del costo del servizio di circa 450 mila euro.

La linea che la giunta adotterà è quella di ripartirla in modo pressoché uniforme tra le utenze domestiche e quelle non domestiche: quindi un mondo molto ampio che viaggia dalle aziende ai luoghi di lavoro, dagli uffici ai negozi, dai locali pubblici fino alle altre attività.

Dunque un aumento medio del 2,3%, anche se all’interno dell’applicazione saranno fissati dei correttivi che potrebbero alleggerire in qualche caso e ritoccare verso l’alto per altri la ripartizione della somma. Il gettito complessivo previsto per il Comune è di 23 milioni e 500 mila euro, spicciolo più, spicciolo meno.

E dovrebbe essere confermata l’attuale modalità di pagamento, che prevede una ripartizione dell’imposta su due rate, una alla metà dell’anno e una alla fine. In campo anche l’aliquota sull’Imu, l’imposta sulla casa. I margini di elasticità lasciata ai comuni anche in questo caso sono piuttosto stretti ma resta comunque l’opzione di muoversi all’interno di una forbice sulle percentuali imposte dalla legge: come dire, dal minimo al massimo, senza poter scavalcare certi tetti o anche scendere sotto. In questo quadro l’Imu viene confermata praticamente in tutti i suoi architravi rispetto a quella dell’anno scorso.

Con una sola eccezione: viene alleggerita per la cosiddetta categoria catastale B/1. Fuor di codici è quella che raccoglie collegi e convitti, educandati, ricoveri, orfanotrofi, ospizi, conventi, seminari e caserme. Quindi abbraccia ad esempio le Rsa e una serie di strutture di accoglienza.

Era stata applicata finora l’aliquota dell’1,02 per mille: diventa, sempre che la pratica oggi venga approvata ma non ci sono particolari dubbi, dello 0,76. Quindi più vicina allo 0,6 riservata alle case principali. Il tutto comporta un calo di entrate dalla voce Imu di circa sessantamila euro. In un gettito complessivo che è di quasi 21 milioni di euro incide per poco più dello 0,3%. E il carosello dei numeri si chiude qui