
Il manicomio di Arezzo al Pionta
Arezzo 12 maggio 2021 - “Ci chiamavo matti, ma eravamo seri come tutte le altre persone”. “Ci legavano al letto con le camicie di forza, ma io ero come una serpe, loro mi legavano e io mi scioglievo”. “Io non voglio più ricordare, mi hanno ridato un po’ di vita, me ne scappo”. “Da quando è arrivato Pirella si sta meglio, si va fuori, prima la piazza era chiusa col filo spinato alto, eravamo schiavi”. Sono le voci del manicomio di Arezzo, conservate nell’archivio di Anna Maria Bruzzone ora al Pionta, l’unico archivio europeo con le voci dei reclusi. Ma ci sono anche le cartelle cliniche, ogni cartella una vita. Uomini, donne, bambini entravano in manicomio e molti non ne uscivano più.
Al manicomio aretino e a chi ci ha vissuto, alla nascita della cittadella al Pionta, alla rivoluzione epocale prima con Arnaldo Pieraccini poi con Agostino Pirella fino alla legge Basaglia numero 180 del 13 maggio 1978 sarà dedicata la rassegna ”Storie dai tetti rossi”, sette podcast su Spotify e altre piattaforme audio con le voci e gli approfondimenti di docenti universitari. Ideati e prodotti dalla giornalista Gloria Peruzzi, vedono il coordinamento scientifico di Laura Occhini, la musica di Giorgio Albiani e gli interventi di Lucilla Gigli, Sebastiano Roberto, Silva Calamai, Marica Setaro, Caterina Pesce, Francesca Bianchi e Carlo Orefice, in collaborazione con il Dipartimento aretino dell’Università di Siena, la Biblioteca di area umanistica, RadioFly e Accademia Dima, ogni giovedì a cominciare da domani. Chi erano i matti, come vivevano, come erano il rapporto con la città, le cure, i trattamenti, le violenze, l’architettura del Pionta, le rivoluzioni sanitarie, il parco e l’archivio come memoria storica, tutto in sette racconti dai primi del Novecento a oggi.
“Ci abbiamo lavorato tantissimo per ricostruire questo secolo, quando entri in questo mondo ti resta addosso e noi quella emozione volevamo restituirla tutta” confessa Gloria Peruzzi.
Da bambini ci mettevano paura, “là ci sono i matti” dicevano indicando il Pionta che chiamavano “i tetti rossi” perché i muri alti facevano vedere solo le tegole. Quel muro emotivo cade nel 1976 quando in piazza del Comune si tiene la prima assemblea pubblica: pazienti, medici, amministratori e aretini tutti insieme a parlare del futuro dell’ospedale psichiatrico. Per la prima volta si vedono i volti e si ascolta chi ha vissuto dolore ed emarginazione, per la prima volta i matti diventano persone. Si scopre l’esistenza della stanza delle alghe dove i pazienti nudi veniva rinchiusi perché si calmassero su giacigli di alghe secche. O la stanza degli inquieti, vera parentesi di tortura. Di camerate di soli letti e di uniformi perché chi entrava venivano privati di tutto, compresa dignità e identità. Già Arnaldo Pieraccini, direttore sanitario ma anche uomo impegnato politicamente nella corrente riformista del Psi, consigliere comunale prima e dopo il fascismo, dal 1904 al 1950 inizia la sua rivoluzione, abbatte i muri, crea nuovi padiglioni, la colonia agricola, il laboratorio artistico, il teatro, fa nascere il Pionta. La rivoluzione sarà ripresa e legalizzata dal 1971 con l’arrivo di Pirella che subito denuncia condizioni disumane, i pazienti cominciano a parlare, a raccontare, a tenere assemblee, a rivendicare rispetto e cure dignitose, il manicomio diventa ospedale neuropsichiatrico. Rinchiudere era la medicina più facile, aprire e ricostruire vite la scommessa più bella.
Nel dettaglio il calendario dei podcast prevede il 13 maggio gli interventi di Lucilla Gigli e Sebastiano Roberto su “Il manicomio di Arezzo d struttura modello a luogo dimenticato”, il 20 maggio Laura Occhini su “Diagnosi, storie cliniche e trattamenti manicomiali”, il 27 maggio Silvia Calamai e Marica Setaro su “Anna Maria Bruzzone e l’orecchio della memoria”, il 3 giugno Caterina Pesce su " L’ospedale aperto 1971-1978”, il 10 giugno Francesca Bianchi su “Tra memoria e futuro: rigenerare il Pionta”, il 17 giugno Carlo Orefice su “Costruire un presidio culturale sulla memoria” e il 24 giugno Sebastiano Roberto su "Il valore culturale e indennitario delle architetture dei parchi storici: il Pionta”.