Fabrizio Paladino / Erika Pontini
Cronaca

"Sono al largo da Livorno": lo pensavano ucciso in Albania, era su un gommone

Il lieto fine a sorpresa della vicenda di Davide Pecorelli: il colpo di scena dalla telefonata alla moglie. La sua macchina era stata trovata carbonizzata nel paese delle Aquile

Pecorelli

Arezzo, 18 settembre 2021 - Davide Pecorelli, l’imprenditore di Sansepolcro, ex arbitro ad Arezzo, dato per morto, ammazzato in Albania nel gennaio scorso in un’auto bruciata, è vivo. E ieri pomeriggio è naufragato al largo di Livorno a bordo di un gommone, vicino a un isola, sembra Gorgona, in circostanze ancora da chiarire. Tra le ipotesi è che si trovasse in vacanza in zona. Ai carabinieri che l’hanno soccorso, rifocillato e portato in una caserma l’uomo – senza documenti – ha detto di chiamarsi David Pecorelli e, subito dopo, ha chiamato sua moglie al telefono.

Agli investigatori invece ha detto di voler provare a farsi mandare i documenti nell’albergo in cui era ospite. Stamattina sarà portato sulla terra e ha già annunciato di volersi presentare alla procura di Perugia per rendere dichiarazioni. Pecorelli, 45 anni, ex arbitro della sezione di Arezzo, imprenditore che ultimamente si era trovato in difficoltà economica, avrà parecchio da raccontare agli inquirenti.

Su di lui, al momento, non pende alcuna accusa: l’eventuale simulazione di reato sarebbe stata commessa in Albania. La procura aveva aperto un fascicolo per omicidio volontario e traffico di droga per svolgere accertamenti dopo la denuncia di scomparsa presentata dai familiari che risiedono tra Selci Lama, nel comune di San Giustino umbro, e Città di Castello.

Ma nonostante i solleciti all’autorità giudiziaria italiana non erano mai stati consegnati i frammenti di ossa umane, repertati nell’auto in fiamme ma solo brandelli inutilizzabili. Nel corso delle successive indagini però gli investigatori della squadra mobile avevano chiarito che Pecorelli era vivo e non era stato vittima di uno spietato delitto. Nelle settimane scorse un’informativa al procuratore capo, Raffaele Cantone e all’Aggiunto Giuseppe Petrazzini – titolare delle indagini – spiegava le risultanze che davano l’imprenditore vivo.

Qualcuno lo aveva anche visto. Del quarantacinquenne sangiustinese si erano perse le tracce il 6 gennaio. A inizio anno l’imprenditore era arrivato in Albania per alcuni affari di lavoro: ai familiari aveva detto che sarebbe stato lontano da casa per poco più di un mese. Nel frattempo, dopo essere stato fra Tirana e Scutari, nel nord del Paese, il 4 gennaio aveva preso una camera in affitto a Puke, una sperduta località quasi a ridosso del Kosovo.

Lì aveva soggiornato per due notti: la terza non si era presentato. La sua auto, una Skoda Fabia che aveva noleggiato all’aeroporto, venne trovata distrutta dalle fiamme. Il veicolo fu individuato lungo il ciglio della strada, in un’altra località sperduta, a una trentina di chilometri da Puke. All’interno qualche oggetto di sua proprietà e, forse, dei resti umani che, di fatto, non sono stati mai identificati. Insomma, oltre otto mesi di silenzi, dubbi, ipotesi.

Tutto tra la preoccupazione dei familiari: il padre Renato, l’ex moglie con i tre figli e l’attuale compagna, albanese ma da anni residente in Umbria insieme al figlioletto. Il padre commosso ha appreso la notizia dalla ex moglie: «Lo abbraccero ma poi gli tirerò anche le orecchie».