Sei positivo? Arriva il braccialetto elettronico: controlla i tuoi valori anche a casa

Assegnato ai contagiati più a rischio di finire al S.Donato evitando i troppi ricoveri. La salute della rete ospedaliera secondo il direttore del 118: il sistema tiene

Braccialetto elettronico

Braccialetto elettronico

Arezzo, 17 novembre 2020 - Rete ospedaliera che tiene, importanza delle cure intermedie, ruolo del volontariato, afflusso al pronto soccorso: questi i temi di una chiacchierata con Massimo Mandò, direttore del 118, figura apicale di estrema rilevanza e soprattutto con un grande seguito da parte dei suoi uomini. Una per tutte per farlo capire: lo chiamano il Supremo.

C’è poi un altro argomento che Mandò, a precisa richiesta, non vuole svelare ma che siamo in grado di raccontarvi lo stesso. Partiamo proprio da qui. L’intervento per non mandare alle stelle l’ospedalizzazione ha un nome preciso: braccialetti elettronici. Si tratta di strumenti arrivati direttamente dall’America, di costo unitario elevato, acquistati dalla Asl grazie a una prenotazione di alcuni mesi fa e di stretta derivazione dai braccialetti assegnati a chi è ristretto agli arresti domiciliari.

Non servono però a controllare se un positivo al Covid esce dalla propria abitazione, d’altra parte l’azienda sanitaria non è il Comando dei carabinieri. Permettono invece di lasciare a casa i contagiati, ne controllano passo passo le condizioni di salute, l’ossigenazione, il funzionamento polmonare, la temperatura corporea. Verranno assegnati, dopo un attento screening, a pazienti maggiormente a rischio ma non ancora a livellio tale da rendere indispensabile il ricovero, che lo sarebbe però senza un adeguato controllo minuto per minuto.

Rispondono anche a un aspetto psicologico: il contagiato, specie se anziano, accusa il colpo della solitudine, soprattutto quando cala il buio che in inverno arriva di primo pomeriggio. E il sapere che c’è qualcuno che ti sta seguendo, allevia la sensazione dell’abbandono: questo è almeno quando dicono le esperienze americane laddove i braccialetti sono stati testati. Dobbiamo fermarci qui, in attesa di ulteriori specificazioni da parte dell’azienda sanitaria.

Ed eccoci a Massimo Mandò. «La curva - dice il responsabile del 118 - è ancora in salita, non in maniera accentuata ma il decremento non si intravede. Ci vorranno, penso, due-tre settimane per cominciare a vedere gli effetti della zona rossa. Allo stesso tempo, non penso che avremo dei picchi clamorosi, se superiamo i quattrocento casi vorrà dire che ci siamo sbagliati».

Ma la rete provinciale non accusa smagliature: «Stiamo reggendo bene e fondamentale si è rilvelata la strategia delle cure intermedie, ovvero la possibilità di avere a disposizione strutture come la Fratta e il presidio di Foiano per quanto riguarda la provincia di Arezzo. Rimangono purtroppo molti i ricoverati in Rianimazione, malattie infettive e pneumologia, nella grande maggioranza si tratta di anziani mentre nel corso della fase iniziale della seconda ondata i contagi colpivano soprattutto persone giovani o comunque meno in là con gli anni. Ma siamo attrezzati, pensate che domenica abbiamo fatto ben trenta trasferimenti tra dimissioni o locazioni diverse per i degenti».

Il pensiero di Mandò va al mondo del volontariato: «Meno male che ci sono questi ragazzi a darci una mano, altrimenti sì che la struttura sanitaria sarebbe potuta scoppiare. Il mio grazie deve valere come un grazie di tutti i cittadini per la generosità che i volontari, uomini e donne, mettono in campo».

Infine il pronto soccorso: «Bolla Covid piena ed è inevitabile. Per il resto accessi rarefatti, al massimo una settantina al giorno per codici minori, un terzo di quanto avveniva nel periodo pre-pandemia».