
di Alberto Pierini
AREZZO
Ha alzato un braccio per parare i colpi: ma non è bastato. Sotto la furia omicida del compagno quel braccio disperatamente teso era poca cosa contro la pioggia di fendenti. E il pugnale è affondato anche lì: dalle prime indiscrezioni sull’autopsia quel braccio, anzi l’avambraccio, è uno dei punti nei quali la lama è andata più a fondo. Le forze di Sara cominciano a cedere e il coltello di Jawad continua a colpire, nella notte dell’orrore aretino. Dell’orrore e del coraggio.
Perché da quanto emerge la mamma di Sara non molla la figlia, neanche nel momento della fine. Sono solo tre le coltellate che la colpiscono e la uccidono: ma tutto lascia pensare che abbia provato a fare scudo per salvarla. Forse all’inizio di una vera e propria esecuzione, più probabilmente nel pieno.
La vede soccombere, non si rassegna, si getta nel mezzo. Una scena che un giorno dopo l’altro comincia a prendere corpo, dal riserbo insanguinato della scena del delitto. Jawad Hicham è stato già "inchiodato" dalle parole del figlio. L’ordinanza di custodia cautelare, a quanto filtra, riporta la scena vista con gli occhi del ragazzo. La nonna che lo sveglia, lo invita a mettersi in salvo.
Lui in pigiama esce dalla sua stanza, fa in tempo solo a vedere il padre infilare le scale precipitarsi verso la strada. La nonna crolla alle sue spalle: la causa della sua fine dovrebbe essere choc emorragico, anche se qualsiasi certezza è rinviata all’esito ufficiale dell’autopsia, condotta ieri dall’equipe di medicina legale di Siena.
Il ragazzo prima afferra il telefono, compone il 118, chiede aiuto, lancia il suo primo appello ai soccorritori. Il secondo sarà pochi secondi dopo.
Il tempo di prendere in braccio la sorellina, dormiva nella camera del delitto, e infilare anche lui le scale, giù dal terzo piano fino in fondo, al portoncino che da ieri comincia ad essere tempestato di fiori. "Salvate la mia mamma" chiede prima di essere accolto in ambulanza.
La sua mamma è in un altro mezzo di emergenza:solo su di lei Jawad ha infierito con venti coltellate. Una vita insieme, due splendidi figli, la complicità di una casa: tutto massacrato a colpi di coltello. Un coltello da cucina, calato con una lucida volontà di uccidere, a quanto pare filtrare dall’autopsia.
Con colpi che partono dal sopracciglio: ha avuto il "coraggio" di infierire anche sul viso, il bellissimo viso di questa ragazza. E di proseguire alle spalle, mentre lei tentava una piccola fuga, girandosi sul posto.
Un orrore, davanti al quale la città si ribella. Intanto davanti al portoncino cominciano a moltiplicarsi i mazzi di fiori. Il primo era stato deposto da Laura Boldrini, l’ex presidente della Camera, ad Arezzo per un dibattito alla Cgil. Da quel momento altre mani pietose hanno cominciato a deporre rose, garofani, margherite bianchissime.
E ora la risposta va oltre. Perché per domani sera è stata annunciata una fiaccolata proprio fino a quei petali. A organizzarla il "Pronto Donna" del centro antiviolenza e il quartiere di Porta del Foro: che ha vissuto sulla propria pelle, sui suoi colori, sulla sua storia quei colpi di morte proprio davanti a San Lorentino. Una fiaccolata silenziosa, dalle 21 in poi: partenza da piazzetta Logge del Grano, dove la diga contro la violenza alle donna ha la sua sede, fino a quel portoncino. Una strada dritta, da via Garibaldi a via San Lorentino. Nel manifesto due candele che brillano, il "NO" scritto grande contro la violenza alle donne e l’omaggio: "In memoria di Sara Ruschi e Brunetta Ridolfi". Madre e figlia, unite nella vita e unite nella morte. E la cui forza si proietta nel figlio e nipote: ieri mattina non è andato a scuola ma stamani ci sarà. Ha mandato un messaggio al suo preside. "Domani torno". Prima ancora del funerale, che forse sarà celebrato domani. Prima ancora della fiaccolata, dalla quale provare a riaccendere una luce.