REDAZIONE AREZZO

Sara, scoppia la rabbia del fratello: "Ha ucciso chi gli ha dato tutto". Accuse a Jawad prima del delitto

Alessandro Ruschi commenta l’avvio del processo, poi l’affondo sul compagno della sorella: "Viveva nel vagone di un treno, era come un cane randagio. È stato accolto". Il racconto sui figli che vivono con lui.

Sara, scoppia la rabbia del fratello: "Ha ucciso chi gli ha dato tutto". Accuse a Jawad prima del delitto

Non molla un minuto il padre. Lo circonda, lo sorregge con lo sguardo e l’affetto di un figlio che si prende cura di un uomo ormai avanti con gli anni e costretto a sopportare il peso di un dolore, stampato nelle pieghe del viso e negli occhi che lo raccontano, senza bisogno di parole: in una notte d’aprile ha perso figlia e moglie, morte ammazzate. Enzo Ruschi si muove nell’aula dell’Assise mentre i giudici della corte sono riuniti per decidere se ammettere al processo le parti civili. Pochi passi, tra i familiari e il nipote di 17 anni: tra di loro c’è un legame fortissimo. Alessandro Ruschi non lo perde di vista e lo accompagna alla postazione dell’avvocato, Alessandra Pandurri. Parlano, leggono le carte. Tutto sottovoce. Enzo resta in silenzio davanti ai microfoni. Dopo l’udienza scivola fuori dalla "Vela" e si sofferma con i parenti davanti al furgone della Polizia penitenziaria, dove di lì a poco, salirà Jawad Hicham per tornare nel carcere di Prato. Alessandro commenta l’avvio del processo: "Una piccola vittoria per noi perchè sono state tolte dal dibattimento alcune parti e tutto procederà più velocemente". Ma il tono cambia quando sfiora il passaggio sulla perizia psichiatrica che la difesa di Hicham è pronta a sollecitare.

"Vediamo cosa accadrà per la parte della perizia psichiatrica nei confronti di questo signore...". Si ferma, riprende fiato e spiega che l’intenzione annunciata in aula, per lui e la famiglia di Sara e Brunetta, è un nuovo colpo al cuore.

"Passa un messaggio brutto all’esterno, perchè basta drogarsi, bere e ammazzare la gente e si viene scagionati, quantomeno ti diminuiscono le pene".

È il dolore, non ancora sedimentato, che muove le parole di Alessandro e la necessità di giustizia per la sorella e sua madre, due vite spezzate sotto i colpi di un coltello. I figli di Sara e Jawad "stanno bene": la piccola ha quasi tre anni, il fratello ne ha diciassette e ha imparato presto a crescere. Alessandro riprende il racconto: "Questo signore è stato accolto in famiglia, era ridotto come un cane randagio, viveva nel vagone di un treno. Sara e Brunetta gli hanno dato tutto e lui le ha uccise". In due parole - "questo signore" - è racchiuso il distacco, la cesura. Per sempre. E quel ragazzo che la notte dell’orrore fu svegliato dalla nonna prima di essere ferita a morte che gli urlava di fuggire con la sorellina per mettersi in salvo? Quel ragazzo che, correndo per le scale con la piccola in braccio, raccomandò ai soccorritori "salvate la mamma e la nonna"; in questi otto mesi quel ragazzo ha mai chiesto del padre?

"No, mai. Non ne vuole sapere. Perchè non è solo il fatto a determinare lo stato, ma è tutto quello che è avvenuto prima in quell’appartamento: ciabattate, botte, soldi spariti. Questo ragazzino di diciassette anni si comprava i panini da solo. Sara alle 5 usciva per andare al lavoro e rientrava la sera alle dieci. Il babbo era a casa senza fare nulla e quando gli davano i soldi per fare la spesa, comprava birre. E ora si vorrebbe farlo passato per incapace di intendere e volere?".

Nelle sue parole i tratti di una storia familiare difficile che Sara tentava di tenere cucita, come si fa col rammendo di uno strappo, per amore dei figli. Il suo sorriso da tempo si era spento, hanno detto i colleghi di lavoro, e dopo i turni nell’albergo di Castiglion Fiorentino, lei correva a casa, da loro. Che ora "vivono da me. La piccolina sta con la mia famiglia e il fratello alcuni giorni si ferma da noi ed altri dal nonno".

È la vita che ritrova la sua via, dopo l’orrore e la morte. La vita che non si arrende e cammina sulle gambe di due ragazzi.

Lucia Bigozzi