
di Alberto Pierini
Si spegne una luce, si accende un "riflettore". La luce della San Giuseppino nella città vecchia, cento metri sopra piazza della Badia, l’ennesimo avamposto perduto nel centro storico. Il riflettore di una maxi-clinica di 5 piani, novemila metri quadrati di camere, sale operatorie e strumentistica. La staffetta è già completata: da ieri il secondo gigante della sanità privata si è alzato e cammina. Lì, in via Fleming, lungo il raccordo, camere con vista sull’area Lebole. Che ora come ora non è un bel vedere, il progetto della nuova clinica ha sorpassato agilmente in curva quello della ex zona industriale, ferma al palo da vent’anni. "Dal 12 accoglieremo i primi degenti – conferma il direttore amministrativo Massimo Rosati - e dal 15 riprenderemo anche l’attività chirurgica". E a quel punto la struttura sarà a pieno regime. E in centro?
Le ultime luci resteranno quelle dei16 letti di cure intermedie: nella gestione del Covid, e non solo, fanno parte dell’accordo definito con la Asl. Un accordo che, salvo rinnovi sempre possibili, procederà fino al 31 dicembre, per ora la data di fine emergenza sanitaria. E dopo? "Ci guardiamo intorno" risponde Rosati: insieme ai vertici della Assisi Project Spa del Gruppo Korian, a cui la struttura fa capo. "Un’ipotesi resta quella della Rsa ma per ora non ci sono certezze".
Esattamente quelle che mancano all’indotto: alimentari, agriturismi, B&B, attività che vivevano sul giro di persone richiamato proprio dalla San Giuseppino o San Giuseppe che dir si voglia. E che già da oggi, anzi da ieri, cominciano a sentire la differenza. E come in altre vicende simili, ad esempio il trasloco del tribunale, si arriva alla svolta senza alternative praticabili in vista.
Per la San Giuseppe resta invece un triplo salto di qualità. Completato anche da un rafforzamento del personale: dieci assunzioni, di questi tempi tanta roba. Per una struttura che si accinge ad alimentare i suoi numeri. Per ora viaggia a 3500 pazienti di degenza e ad altrettanti per le visite di specialistica e diagnostica. Tra cui anche alcuni divi del pallone, richiamati dai professionisti dell’ortopedia che arrivano da tutta Italia e che qui operano.
Una svolta alberghiera: camere solo singole o doppie, con possibilità di accogliere anche i familiari. Otto posti letto nell’area medica. In area chirurgica ci sono quella generale, la maxillo-facciale, la ginecologia, la traumatologia, l’otorino e naturalmente l’ortopedia. Un’ala per la riabilitazione al quinto piano, con tutti i macchinari necessari al recupero della mobilità dopo un trauma.
Un bar aperto fisso all’interno. E fuori un parcheggio da far impallidire i posti risicati che il centro storico concedeva. Una macchina che insieme al centro chirurgico toscano disegna un doppio polo privato senza rivali nel resto della Toscana. In una sorta di città dei tre ospedali.