Salvatore Mannino
Cronaca

Ripresa, tante domande al prefetto per ripartire: ma l'oro non ha fretta

Gori (Graziella) e Benvenuti di UnoAerre: ci vorranno mesi per uscirne, è dura. Ma i gioielli hanno tempi diversi rispetto alla moda

Gianni Gori e la madre Graziella

Arezzo, 29 aprile 2020 - Avanti piano il sistema manifatturiero aretino riparte. Già prima del 4 maggio di fine lockdown, anche in base della circolare di Confindustria Sud che ha invitato i virtuosi dell’export a riaprire sulla scia della lettera di tre ministri al titolare dell’interno, Luciana Lamorgese, in cui vengono indicate come strategiche tutte quelle imprese che lavorano in prevalenza per i mercati mondiali.

E dentro ci rientra indubbiamente gran parte dell’industria locale, in particolare l’oro e la moda, che hanno percentuali di fatturato inviato all’estero ben superiori al 50 per cento, con picchi che arrivano fino all’80-90 per cento. In prefettura, cui Confindustria ha invitato a inviare la comunicazione di ripresa del lavoro, ci sono già alcune decine di domande giacenti, sulla quali già stamani dovrebbe esserci una riunione per fare il punto.

L’impressione, comunque, è che le aziende della moda, le cui catene di valore internazionali sono già ripartite o sono in fase di ripartenza, abbia più fretta dell’oro, i cui mercati sono invece ancora in gran parte fermi. La conferma arriva anche da due grandi nomi del settore come Gianni Gori, titolare di Graziella, che è già una sigla che conta, e soprattutto Luca Benvenuti, amministratore delegato di UnoAerre, come a dire la più grande azienda di gioielli d’Europa.

Il primo sta già scaldando i motori in vista del 4 maggio ma non pare intenzionato a riaprire in anticipo. «Noi - spiega - possiamo contare su grandi stabilimenti, anche per la controllata Braccialini (griffe della moda Ndr) - e quindi siamo in grado di garantire la distanza sociale senza troppe riorganizzazioni delle fabbriche. Ho l’impressione, però, che almeno l’oro ricomincerà con gradualità».

Il problema appunto è quello dei mercati di sbocco all’estero che restano chiusi o semichiusi. «Ci vorrano mesi - dice Gori - per tornare a una situazione di seminormalità». Ecco perchè i 105 dipendenti di Graziella, cui si aggiunge una novantina di collaboratori, riprenderanno a gruppi, divisi fra la progettazione, i modelli e la produzione. «Sarà dura perchè avremo costi fissi da sostenere e fatturati in calo».

Uno scenario che non è molto diverso da quello che disegna Benvenuti. In UnoAerre, conferma, la data di fine lockdown resta quella del 4 maggio: «Anticipare è difficile. Significa in pochi giorni dovere fare accordi sindacali e prendere decisioni organizzative per i quali potremo avere qualche giorno in più. Tanto, coi grandi mercati ancora paralizzati, non cambia molto». In UnoAerre gli oltre 300 dipendenti torneranno in fabbrica tutti insieme ma non ad orario pieno.

«Almeno all’inizio ci sarà una riduzione dei tempi di produzione che compenseremo con un minimo di ricorso alla cassa integrazione». Non a zero ore come adesso, ma comunque con un residuo di surplus occupazionale orario per il quale ci si affiderà all’intervento dell’Inps. Il guaio, ammette l’Ad, uomo di stretta fiducia della famiglia Squarcialupi, proprietaria dell’azienda è che «il fatturato perso, non verra’ piu’ recuperato, per il distretto e per l’azienda: l’oreficeria e’ una filiera complessa e intimamente interconnessa e prima che il ciclo si riassesti passeranno mesi».

Benvenuti non è tenero neppure col governo Conte: «Stiamo vivendo una crisi sistemica mai vista prima - prosegue Benvenuti - ma il Governo si muove con grande disordine, con provvedimenti tardivi, di scarso effetto, ma soprattutto con tempi di esecuzione di una burocrazia che non e’ adeguata al livello di emergenza. Purtroppo, questo divario competitivo con gli altri Paesi lo sconteremo molto presto, ancora più di ieri».

Lui tuttavia è convinto che «ne verremo fuori». I danni però sono tutti da valutare. La stima di 230 milioni di fatturato persa col lockdown in tutto il comparto oraro a Benvenuti pare realistica. Ed è una bella fetta del mezzo miliardo di Pil bruciato dall’economia aretina in questa quarantena.