ALBERTO PIERINI
Cronaca

Quella notte alla Verna di quasi 800 anni fa Stimmate, il crinale del santuario e dell’arte

La ricorrenza di settembre lancia le grandi celebrazioni del 2024. Le grotte di allora, il corridoio coperto, la lettura di Giotto e di Merton

Quella notte alla Verna di quasi 800 anni fa  Stimmate, il crinale del santuario e dell’arte

Quella notte alla Verna di quasi 800 anni fa Stimmate, il crinale del santuario e dell’arte

Alberto PierIni

La notte che ha cambiato la storia del francescanesimo e un po’ anche del mondo è raccontata alla diciannovesima puntata degli affreschi di Assisi. Lassù, nella Basilica Superiore, nel "film" diretto da Giotto, il migliore mai realizzato sulla vita del Poverello. La scena numero 19 è quella delle Stimmate: la stima è che sia stata dipinta tra il 1295 e il 1299, nemmeno un secolo dopo il prodigio tramandato dalla chiesa. E oggi di secoli ne sono passati quasi otto. Ottocento anni meno uno. Inizia una lunga stagione di celebrazioni, che confluirà a La Verna il 24 settembre del 2024. Lì dove tutto era cominciato in una notte senza testimoni.

Una notte raccontata nella serie della Leggenda Maior di San Francesco: e che vale la pena di riascoltare. "Pregando il beato sul fianco del monte della Verna, vide Cristo in aspetto di serafino crocefisso: il quale gl’impresse nelle mani e nei piedi e anche nel fianco destro le stimmate della Croce dello stesso Cristo".

La raffigurazione di Giotto fotografa quella notte senza testimoni. Uno ce lo mette, ed è Frate Leone, ma intento in un angolo nella lettura, quasi richiamando gli apostoli del monte degli ulivi. Per il resto è l’istantanea non di un miracolo, perché quello è appeso alla fede e non ad uno scritto o ad un dipinto, ma ad un luogo fisico inequivocabile. La nuda roccia, lo squarcio tra una chiesa sulla destra e un piccolo romitorio a sinistra, la vetta della montagna che si impenna verso il cielo, pur buio nella notte della Verna.

Non solo c’è la mano di Giotto: ma c’è soprattutto la scelta dell’artista, che guidava da capobottega quel cantiere incredibile, di riservare a se stesso l’ultima scena della vita terrena del santo prima di tornare a Roma, lasciando ad un allievo solo la figura di Frate Leone.

Cosa c’era in quella montagna nella notte del 1224? Di certo non il corridoio che oggi collega il Santuario alla cappella delle stimmate, quella sorta di "diorama" che si muove tra la fede e la vita reale del santo. Quel corridoio sarebbe stato realizzato tra il 1578 e il 1582. Insieme l’esaltazione dell’evento di quella notte e un ponte naturale tra le due La Verna. Di là la Basilica grande, il cuore delle celebrazioni sul monte, di qua la vecchia Cappella delle Stimmate. Vecchia davvero: perché ad edficarla erano stati i Conti Guidi di Poppi intorno al 1260. Visti i tempi del Duecento quasi un instant book dell’età antica.

La cappella ieri come allora era sul limite estremo di una scogliera alta circa 60 metri, costruita esattamente nel 1263. Eredi delle grotte e delle capanne che quelli di Francesco avevano abitato al loro arrivo sul monte. Siamo tra il 1214 e il 2024, o meglio questo è l’arco di tempo nel quale la presenza della comunità di Francesco è attestata. Inizialmente come eremo estivo, quasi anticipando il futuro che avrebbe visto La Verna affollatissima nei mesi più caldi.

Sono gli stessi anni della prima chiesa, quella di Santa Maria degli Angeli, che tuttora è un libro aperto sulla fede francescana. Una chiesa legata idealmente alla Porziuncola di Assisi, l’arrivo della marcia francescana che ogni 2 agosto completa il percorso di migliaia di pellegrini proprio da La Verna alla "palestra" di Giotto.

C’erano roccia e foresta in quella notte del 2024. Un angolo quasi selvaggio ma sul quale il tempo avrebbe acceso i riflettori. Ogni giorno una processione parte alle 15 verso quella natura nuda di allora e verso quel punto delle Stimmate. Una leggenda vuole che l’idea del corridoio sia nata a causa di una tormenta di neve: tormenta che impedì ai frati di completare il pellegrinaggio quotidiano, prima che in serata ad affacciarsi nella cappella fossero gli animali del bosco. Leggenda, certo, ma anche di quelle si alimenta una vicenda con i sandali comunque affondati nella storia.

La copertura del tratto diventato nevralgico del santuario era comunque una protezione dagli eventi meteorologici, si sa quali temperature si tocchino d’inverno, e insieme una ricucitura raccontata di tutti i luoghi francescani. Fino alle Stimmate. Immerse nella Bibbia, in particolare nella lettera di Paolo ("Porto le stimmate di Gesù nel mo corpo") e nella letture che ne fece un celebre monaco, Thomas Merton, citato dal Papa davanti al Congresso degli Stati Uniti. "L’aver Francesco ricevuto le Stimmate fu un segno divino che fra tutti i santi era il più somigliante a Cristo: sono tipicamente piaghe nelle mani, nei piedi e nel costato di Cristo, provocato dai traumi subiti durante la sua passione". Un racconto che non solo Giotto ma grandissimi artisti avrebbero rappresentato mille volte nel tempo.

Insieme alle stimmate che si sarebbero impresse su altri corpi. Nell’antica Grecia le stimmate erano un marchio impresso con il ferro rovente sulla pelle del bestiame. Poi nel tempo avrebbero marchiato il corpo degli schiavi fuggitivi. Francesco e i suoi di quel sigillo avrebbero fatto l’estremo simbolo della libertà, la libertà di conformarsi al Cristo. In linea con Santa Caterina da Siena, Santa Rita da Cascia, suor Veronica Giuliani. In un viaggio partito per tutti, almeno nella fede, da quella notte del 1224. Da quella notte di quasi 800 anni fa. Da quella notte senza testimoni,