La giovinezza degli abitanti di Sansepolcro è senza dubbio passata anche per le Fiere di Mezzaquaresima, durante le quali si vivevano tre giorni di spensieratezza, anche perché per ragazzi e ragazze era il periodo del luna park: o meglio, delle giostre, perché così continuano ancora a essere chiamate. E molte persone adulte di oggi ricordano i rituali di quei tre giorni (ora quattro) che vedevano il Borgo invaso dalle bancarelle. Significativa la testimonianza, anche dal punto di vista emozionale, di Donatella Zanchi, donna attaccata a Sansepolcro in maniera così viscerale da guadagnarsi sul campo il titolo di "storica" per le tante ricerche condotte sul passato e sulle tradizioni locali. La Zanchi parte dall’attualità del momento: "E’ il primo giorno di Fiere e il tempo non promette nulla di buono, ma anche questo fa parte della tradizione. La mia attenzione è attratta dai prodotti dell’artigianato locale e dagli arredi degli specialisti del verde. Da piazza della Repubblica fino a Porta Romana, una fila ininterrotta di banchi mette in mostra ogni ben di Dio, dalle creme miracolose all’estratto di lumaca che assicurano la sconfitta delle rughe, ai prodotti per pulire la casa, dai gioielli di alta bigiotteria, agli immancabili brigidini di Firenze". Ed ecco che riavvolge il nastro con il primo flash dei ricordi: "Un pallonaio mi fa tornare in mente le fiere della mia infanzia – scrive la Zanchi - quando comprare un palloncino colorato era praticamente obbligatorio, come obbligatorie, molto spesso, erano le lacrime versate nel vederlo volare alto nel cielo per non averlo tenuto ben stretto. Nei primi anni ’60 il pallonaio si posizionava all’Arco di Porta Fiorentina, vicino a un baracchino dove vendevano lo zucchero filato, i bastoncini ritorti di zucchero a due colori e liquirizie di ogni tipo. Per viale Vittorio Veneto c’erano le giostre. La prima era quella con i cavalli, le gondole e i frullini, poco più avanti c’era la giostra per i più piccoli e, quasi in fondo al parcheggio, c’era la pista degli autoscontro. Poi, verso la metà degli anni ’60 il Luna Park fu trasferito a Porta del Ponte". E Donatella Zanchi aggiunge i simpatici risvolti della manifestazione: "Nei tre giorni di fiera – precisa - grandi affari facevano i gestori delle bettole, che inducevano i clienti a bere molto, offrendo loro piatti saporiti, vedi centopelli e trippa, ma anche ciccioli e porchetta.
Ogni anno, sempre sulla stessa postazione in piazza Torre di Berta, allestivano il loro banco un venditore di chiodi di tutte le dimensioni che urlava: "Venite a comprare i chiodi. Questi non si piegano ai colpi del martello, son così buoni che se non li vendo me li mangio". Un venditore di lamette suggeriva invece agli uomini di risparmiare denaro facendosi la barba in casa. Per dimostrare la validità dell’articolo invitava qualche passante a sedersi per una rasatura gratuita e, se per motivi di cortesia, qualcuno accettava, se ne pentiva amaramente quando la celebrata lametta, fatta scorrere sulla pelle del viso a secco, procurava abrasioni, b
ruciore e qualche lacrimone". L’appuntamento era anche una occasione imperdibile: "Gli abitanti del centro storico e delle frazioni – precisa la Zanchi - attendevano le Fiere per fare tante piccole spese, soprattutto le donne che, durante la Mezzaquaresima e in occasione della benedizione pasquale, volevano rinnovare tendine, coperte, tappeti per rendere le case, ripulite a fondo, accoglienti e degne della visita del prete. Le ragazze, con pochi spiccioli in tasca, si sentivano felici se riuscivano a comprare una collanina di perle o di corallo, oppure un paio di scarpe. Bambini e adolescenti scorrazzavano tra la gente distribuendo pallinate con la famosa pallina a scacchi, riempita di segatura e appesa ad un elastico che, ancor oggi, a distanza di decenni, rimane nella memoria di molti, come uno dei simboli delle fiere di un tempo lontano e felice".