Salvatore Mannino
Cronaca

Oro nero a Marsiglia: contrabbando tra stangata e confische

Scoperto in due blitz: sequestrati un milione e 29 kg di metallo prezioso. Due viaggi al mese, giro d’affari tipo Fort Knox. Lavorazione poi verso Algeria e Dubai

Marco Dioni

Arezzo, 19 febbraio 2020 - Era la French connection di un film famoso, il «Braccio violento della legge». Solo che dal canale clandestino non passava cocaina ma oro. Gioielli in nero da Arezzo a Marsiglia, da dove arrivava tutto in Algeria via mare, sui traghetti di linea. Destinazione finale, almeno questa è l’ipotesi investigativa, Dubai, il principale mercato dei preziosi aretini nel mondo, quelli leciti e anche quelli illeciti.

Un traffico per il quale in due hanno patteggiato dinanzi al Gup Angela Avila, mentre altri tre hanno scelto la via del processo ordinario. In due infine andranno al rito abbreviato fissato per maggio, irreperibile l’ultimo, un algerino che probabilmente se ne è tornato in patria. Per lui procedimento sospeso, come prevede il codice. La storia venne clamorosamente alla ribalta nei giorni di Pasqua del 2017, con due blitz della Finanza uno più grosso dell’altro, che portarono non solo a due arresti ma anche al sequestro di un milione in banconote e di metallo prezioso, lamine e gioielli, per 29 chilogrammi.

Una fortuna al prezzo di oggi, ma solo una piccola parte dei milioni che il contrabbando avrebbe fruttato ai protagonisti nei mesi in cui il canale clandestino rimase aperto. Le due operazioni delle Fiamme Gialle avvennero in due giorni consecutivi, venerdì 7 aprile e sabato 8. Prima puntata nel garage di un orafo aretino, dove i finanzieri sorprendono uno scambio lamine d’oro (15 kg), portate da un imprenditore valenzano, Luca Franco, contro denaro contante per mezzo milione, quello di Dario Peruzzi.

Quando vengono fermati il primo ha già le banconote nascoste nel doppiofondo dell’auto, mentre il secondo ha infilato le lamine in un borsone da palestra. Entrambi se la cavano con la denuncia per riciclaggio. Seconda tappa, il giorno dopo, a San Zeno, Stavolta nel mirino finiscono un corriere algerino, Ahmed Adam Djdijeli e un altro orafo aretino, Alessio Riccarelli, già impigliato in un altro maxicontrabbando, quello di Fort Knox.

Gli uomini delle Fiamme Gialle li colgono nel pieno di un altro scambio: ancora mezzo milione in contanti contro gioielli in nero per 14 chilogrammi. E’ ancora riciclaggio e in questa occasione scattano le manette. Riccarelli resta in carcere qualche giorno, l’algerino un po’ più a lungo, tanto che comincia a collaborare e alla fine se la caverà con un patteggiamento a due anni, molto prima dell’udienza preliminare di ieri.

Nel frattempo, però, si affaccia la certezza che i due blitz vadano ricollegati nell’ambito di un unico traffico, sulle cui tracce la Finanza era già da dalla fine del 2016 e che aveva portato a una raffica di intercettazioni telefoniche grazie alle quali si era ricostruito il quadro generale. L’oro grezzo, dunque, partiva in lamine da Valenza, rigorosamente in nero, e arrivava fino ad Arezzo, dove veniva trasformato in gioielli che ogni 15 giorni prendevano la via di Marsiglia per essere poi imbarcati verso l’Algeria e (forse) Dubai.

Ipotizzando per ogni spedizione un valore medio di mezzo milione, quello dei sequestri, si arriva a cifre vertiginose di giro d’affari. Nell’aula del Gup Avila il primo redde rationem. Dario Peruzzi, difeso dagli avvocati Francesco e Francesca Molino, ha patteggiato due anni (senza sospensione della pena) con contestuale confisca dei 15 kg che gli furono trovati nel borsone.

Ed è questa forse la punizione più pesante. Mario Occhini, uno degli autisti che facevano la spola con Valenza, un anno e dieci mesi. In tre, invece, hanno scelto il rito ordinario, Riccarelli, Franco e l’algerino Aziz, altro referente del contrabbando. Abbreviato infine per la figlia di Peruzzi e un altro autista.